Termine per l’impugnazione del licenziamento in caso di incapacità naturale: la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 2024.

La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 23874 del 2024 si colloca in un momento cruciale per il diritto del lavoro, affrontando il delicato tema del decorso del termine decadenziale per l’impugnazione del licenziamento disciplinare. Tale pronuncia ha ribadito che il termine di sessanta giorni, previsto dall’art. 6 della Legge n. 604/1966, decorre dalla data di ricezione della comunicazione di licenziamento, senza tenere conto delle condizioni soggettive del destinatario. Tuttavia, la Corte ha aperto uno spiraglio per futuri interventi normativi e costituzionali, sottolineando l’importanza di bilanciare il principio di certezza dei rapporti giuridici con i diritti fondamentali del lavoratore, in particolare in situazioni di comprovata incapacità naturale.

La questione esaminata trae origine da un licenziamento disciplinare notificato a una lavoratrice, la quale, successivamente, ha sollevato motivazioni legate alla sua incapacità di agire entro i termini per cause di natura psichica. La sentenza ha riacceso il dibattito su un tema centrale per il diritto del lavoro: la rigidità del termine decadenziale e il suo impatto su diritti costituzionalmente garantiti come il diritto alla salute e alla difesa. Il caso si è rivelato un punto di partenza per un’analisi più approfondita dell’interazione tra norme codicistiche e principi costituzionali.

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Indice

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

Il caso sottoposto all’attenzione delle Sezioni Unite nasce da una controversia legata al licenziamento disciplinare intimato a una lavoratrice per assenza ingiustificata. La società datrice di lavoro, dopo aver contestato formalmente l’assenza, ha proceduto con la comunicazione del licenziamento tramite raccomandata, ricevuta dalla lavoratrice. Ai sensi dell’art. 6 della Legge n. 604/1966, il termine per l’impugnazione del licenziamento era di sessanta giorni dalla ricezione dell’atto. Tuttavia, la lavoratrice non ha rispettato tale termine, sostenendo di essere stata impossibilitata ad agire a causa di una grave patologia psichica che comprometteva le sue capacità cognitive e volitive.

In sede giudiziale, la lavoratrice ha prodotto documentazione medica attestante la sua condizione di incapacità naturale, evidenziando che tale stato le aveva impedito di comprendere la portata del licenziamento e di attivarsi per contestarlo nei termini di legge. Nonostante ciò, sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno rigettato il ricorso, affermando che il termine decadenziale decorreva comunque dalla data di ricezione dell’atto e non poteva essere sospeso o interrotto per cause soggettive. La decisione ha sollevato interrogativi sulla compatibilità di tale interpretazione con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 32 della Costituzione.

NORMATIVA E PRECEDENTI

La normativa principale su cui si fonda il caso è l’art. 6 della Legge n. 604/1966, che prevede un termine decadenziale di sessanta giorni per l’impugnazione del licenziamento. Tale disposizione ha come obiettivo principale garantire la certezza dei rapporti giuridici, imponendo al lavoratore di agire tempestivamente per contestare l’atto datoriale. In combinato disposto, l’art. 1335 del codice civile stabilisce una presunzione di conoscenza per gli atti recettizi, considerando sufficiente la loro ricezione presso il domicilio del destinatario.

La giurisprudenza consolidata, come ribadito nella sentenza Cass. 9 marzo 2007 n. 5545, ha sempre privilegiato il principio di certezza giuridica, ritenendo irrilevanti le condizioni soggettive del destinatario rispetto al decorso del termine.

Tuttavia, sentenze più recenti, come Cass. 23 maggio 2018 n. 12658, hanno iniziato a sollevare dubbi sulla rigidità di tale approccio, suggerendo che, in situazioni di incapacità naturale documentata, potrebbe essere necessario un bilanciamento più attento tra le esigenze di stabilità e i diritti del lavoratore.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato l’applicazione letterale dell’art. 6 della Legge n. 604/1966, stabilendo che il termine di decadenza decorre dalla ricezione della comunicazione di licenziamento, senza alcuna deroga per condizioni soggettive. Questa posizione è stata motivata con l’esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, principio fondamentale per il diritto del lavoro e per la stabilità dei traffici giuridici. Tuttavia, la Corte ha riconosciuto che tale rigidità normativa può comportare una compressione eccessiva dei diritti fondamentali del lavoratore, in particolare nei casi di incapacità naturale.

Pur confermando la normativa vigente, la Corte ha evidenziato la necessità di una riflessione più ampia, sottolineando che situazioni di incapacità naturale documentata e incolpevole richiedono un intervento normativo o costituzionale per tutelare adeguatamente il lavoratore. Questa apertura rappresenta un invito al legislatore e alla Corte Costituzionale a esaminare la compatibilità della disciplina attuale con i principi costituzionali di uguaglianza, tutela della salute e diritto alla difesa.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“…Il termine di decadenza di cui all’art. 6 della Legge n. 604/1966 decorre dalla ricezione della comunicazione del licenziamento, indipendentemente dalla condizione soggettiva del destinatario. Tuttavia, laddove sia dimostrata una condizione di incapacità naturale documentata e incolpevole, si rende necessario valutare la compatibilità della norma con i principi costituzionali di cui agli artt. 3, 24 e 32 della Costituzione…”

(Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 23874/2024)

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