Revoca assegno divorzile e casa coniugale: criteri e limiti secondo la Corte d’Appello di Bari – Sentenza 2024

Revoca assegno divorzile e casa coniugale: criteri e limiti secondo la Corte d’Appello di Bari – Sentenza 2024

La recente sentenza della Corte d’Appello di Bari del 2024 affronta un tema delicato e controverso: la revoca dell’assegno di mantenimento e dell’assegnazione della casa coniugale in seguito al divorzio. Quando è legittimo porre fine a questi obblighi? Quali criteri devono guidare il giudice in queste decisioni che impattano profondamente sulla vita degli ex coniugi e dei figli? La pronuncia offre importanti spunti di riflessione, bilanciando il diritto all’assistenza economica con il principio di autoresponsabilità dei figli maggiorenni. Un caso emblematico che ci porta a interrogarci sui limiti temporali e di misura degli obblighi post-matrimoniali.

Indice

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria trae origine da un matrimonio concordatario celebrato nell’ottobre 1993 tra due coniugi, dal quale sono nati due figli. Nel maggio 2010 i coniugi raggiungono un accordo di separazione, che prevede l’assegnazione della casa coniugale alla moglie e un assegno di mantenimento in suo favore e in favore dei figli a carico del marito.

Successivamente, nel 2013, il marito avvia il procedimento per ottenere la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Con sentenza n. 844/2023 pubblicata il 26 maggio 2023, il Tribunale di Trani dichiara cessati gli effetti civili del matrimonio e dispone alcune statuizioni economiche:

  1. Un assegno divorzile di 100 euro mensili in favore della moglie, dalla data della domanda fino al 1° luglio 2019, data dalla quale l’assegno viene revocato;
  2. Un assegno di mantenimento di 200 euro mensili per ciascuno dei due figli, dalla data della domanda fino al 20 maggio 2020, data dalla quale il mantenimento viene revocato;
  3. La revoca dell’assegnazione della casa coniugale a partire dal 20 maggio 2020.

Avverso tale sentenza la moglie propone appello, chiedendone la riforma. In particolare, l’appellante contesta la revoca dell’assegno di mantenimento in suo favore e in favore dei figli, nonché la revoca dell’assegnazione della casa coniugale. Sostiene che le indagini tributarie svolte siano incomplete e che non si sia tenuto adeguatamente conto delle sue condizioni economiche e di quelle dei figli, i quali a suo dire non avrebbero ancora raggiunto l’indipendenza economica.

Si costituisce in giudizio l’ex marito, chiedendo il rigetto dell’appello. Produce documentazione volta a dimostrare il miglioramento delle condizioni economiche dell’ex moglie e dei figli, in particolare il fatto che uno dei figli abbia acquistato un’abitazione di 115 mq in centro a Barletta.

La Corte d’Appello di Bari è quindi chiamata a valutare la legittimità della revoca delle statuizioni economiche disposte in primo grado, bilanciando le contrapposte esigenze delle parti alla luce dei principi giurisprudenziali in materia di mantenimento dei figli maggiorenni e assegnazione della casa coniugale.

NORMATIVA E PRECEDENTI

La sentenza in esame si inserisce nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di mantenimento dei figli maggiorenni e assegnazione della casa coniugale. Il quadro normativo di riferimento è costituito dagli artt. 147, 315 e 315-bis del codice civile, che disciplinano i doveri dei genitori verso i figli.

In particolare, l’art. 147 c.c. stabilisce che “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis”.

L’art. 315-bis c.c., introdotto dalla legge n. 219/2012, prevede al comma 1 che “Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni”. Il comma 4 dello stesso articolo stabilisce inoltre che “Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa”.

Per quanto riguarda i precedenti giurisprudenziali, la sentenza richiama espressamente alcune importanti pronunce della Corte di Cassazione che hanno delineato i criteri interpretativi in materia:

  1. Cass. 14.12.2018 n. 32529, secondo cui l’obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, protraendosi qualora lo stesso, senza sua colpa, sia ancora dipendente dai genitori;
  2. Cass. 20.8.2014 n. 18076, che ha stabilito i criteri ermeneutici che devono orientare il giudice nella valutazione della persistenza o meno dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne. In particolare, la Cassazione ha affermato che:
  • Il genitore che agisce per il riconoscimento del diritto al mantenimento in favore dei figli maggiorenni deve allegare il fatto costitutivo della mancanza di indipendenza economica;
  • Il genitore interessato alla declaratoria di cessazione dell’obbligo di mantenimento deve provare che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività produttiva di reddito dipende da un atteggiamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato dello stesso;
  • La valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni va effettuata dal giudice del merito “caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età dei beneficiari”;
  • Il diritto del figlio si giustifica all’interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo;
  • La situazione soggettiva del figlio che, rifiutando ingiustificatamente in età avanzata di acquisire l’autonomia economica tramite l’impegno lavorativo, chieda il prolungamento del diritto al mantenimento da parte dei genitori, non è tutelabile perché contrastante con il principio di autoresponsabilità.
  1. Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 17183 del 14/08/2020, che ha ribadito che ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente, ovvero del diritto all’assegnazione della casa coniugale, il giudice del merito è tenuto a valutare le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo o l’assegnazione dell’immobile, caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età dei beneficiari.

Questi principi giurisprudenziali mirano a bilanciare l’esigenza di tutela dei figli con il principio di autoresponsabilità, evitando che l’obbligo di mantenimento si protragga oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

La Corte d’Appello di Bari, applicando i principi giurisprudenziali sopra richiamati, ha rigettato integralmente l’appello proposto dall’ex moglie, confermando la sentenza di primo grado.

I giudici di secondo grado hanno condiviso l’analisi del Tribunale, ritenendo che quest’ultimo abbia correttamente apprezzato tutti gli elementi probatori a disposizione, valutando la situazione economica iniziale della famiglia e considerando l’incidenza su di essa delle sopravvenienze.

In particolare, la Corte ha evidenziato che:

  1. Le indagini tributarie svolte hanno restituito un quadro di miglioramento delle condizioni economiche dell’ex moglie e dei figli maggiorenni, a fronte di una condizione dell’ex marito tutt’altro che florida;
  2. L’ex moglie risulta percettrice di reddito di cittadinanza dal luglio 2019, per una somma mensile di circa 500 euro, aumentata a 899,91 euro mensili dal gennaio 2020;
  3. L’ex marito percepisce una pensione mensile di soli 289 euro, con riconosciuta invalidità nella fascia dal 74 al 99%;
  4. Le dichiarazioni testimoniali rese dai figli e dal padre dell’ex marito circa presunti lavori saltuari svolti dalle parti sono state ritenute reciprocamente neutrali e inidonee a scalfire le conclusioni raggiunte;
  5. Le condizioni economiche attuali dei due ex coniugi sono ben diverse da quelle esistenti al momento della separazione, essendosi ridotte le possibilità lavorative dell’ex marito a causa dell’età e delle condizioni fisiche, mentre l’ex moglie risulta comunque percettrice di un reddito superiore alla pensione dell’ex marito;
  6. Uno dei figli della coppia ha acquistato un’abitazione di 115 mq in centro a Barletta, circostanza che dimostra il raggiungimento di una certa indipendenza economica;
  7. Gli accertamenti tributari hanno rivelato che per l’anno 2021 uno dei figli ha percepito un reddito di 8.598 euro, mentre l’altro figlio risulta indipendente dal 2023.

Alla luce di questi elementi, la Corte d’Appello ha ritenuto corretta la decisione del Tribunale di revocare l’assegno di mantenimento in favore dell’ex moglie e dei figli, nonché l’assegnazione della casa coniugale di proprietà dell’ex marito.

I giudici hanno sottolineato che la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza o il permanere dell’obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni va effettuata caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età dei beneficiari. L’obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, tenendo conto che il diritto del figlio si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che i figli, ormai di età compresa tra i 27 e i 28 anni, diplomati da geometri da tempo, fossero in condizione di dover trovare una piena autonomia economica e di vita. Il fatto che uno di essi abbia acquistato un’abitazione e che entrambi risultino percettori di reddito dimostra il raggiungimento di tale indipendenza.

Per quanto riguarda l’ex moglie, la Corte ha valutato che la percezione del reddito di cittadinanza, unita alle migliorate condizioni economiche complessive del nucleo familiare, giustifichi la revoca dell’assegno divorzile.

Infine, con riferimento alla casa coniugale, i giudici hanno evidenziato che non corrisponde al vero la circostanza allegata dall’appellante circa la mancanza di disponibilità di altro immobile, essendo documentata la disponibilità di una casa di proprietà di uno dei figli della coppia.

In conclusione, la sentenza in esame offre un’importante applicazione pratica dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di mantenimento dei figli maggiorenni e assegnazione della casa coniugale. Essa sottolinea l’importanza di una valutazione caso per caso, che tenga conto dell’evoluzione delle condizioni economiche delle parti e del raggiungimento di una effettiva indipendenza da parte dei figli, al fine di evitare situazioni di ingiustificato parassitismo a carico dei genitori.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura dell’estratto della sentenza e per scaricare il testo integrale PDF della sentenza.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“Se è vero che l’obbligo di mantenere il figlio non cessa automaticamente con il raggiungimento della maggiore età, protraendosi qualora lo stesso, senza sua colpa, sia ancora dipendente dai genitori (Cass. 14.12.2018 n. 32529) è anche vero che (cfr. Cass. 20.8.2014 n. 18076, che delinea i criteri ermeneutici che devono orientare il giudice nella valutazione della persistenza o meno dell’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne) «… il genitore che agisca nei confronti dell’altro genitore per il riconoscimento del diritto al mantenimento in favore dei figli maggiorenni deve allegare il fatto costitutivo della mancanza di indipendenza economica, che è condizione legittimante l’azione (v. Cass. n. 16612/2010) ed oggetto di un accertamento giudiziale che può essere compiuto, in caso di contestazione, mediante presunzioni desumibili dai fatti che l’attore ha l’onere di introdurre nel processo. Con analoghe modalità può essere accertato il venir meno del diritto al mantenimento, qualora il figlio, abusando di quel diritto, tenga un comportamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro e, quindi, di disinteresse nella ricerca dell’indipendenza economica.»

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