Una recente pronuncia del Tribunale di Isernia affronta un caso emblematico di responsabilità medica ospedaliera riguardante un minore che, a seguito di un intervento chirurgico per la riduzione di una frattura all’omero sinistro, ha subito danni permanenti a causa di una lesione del nervo radiale e di un’infezione nosocomiale. La vicenda processuale mette in luce elementi cruciali della responsabilità contrattuale delle strutture sanitarie, evidenziando come l’attività di cura debba essere valutata non solo per il risultato finale ma anche per le modalità operative e le cautele adottate durante il percorso terapeutico. Il caso esaminato risulta particolarmente significativo poiché stabilisce importanti principi in tema di danno iatrogeno differenziale, ossia quel pregiudizio ulteriore che si produce quando l’attività sanitaria, anziché limitarsi a curare una patologia preesistente, ne determina un aggravamento. La sentenza chiarisce le modalità di quantificazione di tale danno, distinguendo tra il pregiudizio che sarebbe comunque derivato dalla patologia di base e quello ulteriore causato dall’errore medico. Attraverso un’analisi dettagliata della vicenda clinica e del nesso causale tra condotta sanitaria e pregiudizi subiti, il giudice ha evidenziato le carenze nell’operato dell’équipe chirurgica, in particolare la mancata esplorazione del nervo radiale durante l’intervento nonostante il fondato sospetto di una sua lesione, nonché le insufficienti misure di prevenzione delle infezioni ospedaliere. La decisione pone l’accento sull’importanza delle procedure di esplorazione nervosa nelle fratture sovracondiloidee dell’omero in età pediatrica e sulla necessità di adeguati protocolli di prevenzione delle infezioni nosocomiali, ribadendo come la struttura sanitaria debba essere in grado di dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire tali complicanze. La pronuncia rappresenta dunque un importante contributo alla definizione degli standard di diligenza professionale richiesti ai sanitari e alle strutture ospedaliere, confermando come la responsabilità contrattuale dell’ente ospedaliero si estenda non solo alle obbligazioni direttamente riferibili all’ente stesso, ma anche all’operato del personale medico e paramedico.
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Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
Il caso in esame prende avvio da un evento traumatico occorso a un minore che, all’epoca dei fatti, aveva nove anni. Nel 2015, il bambino subiva una caduta accidentale che gli procurava un trauma al gomito sinistro. A seguito di tale evento, il piccolo paziente veniva prontamente trasportato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Veneziale di Isernia e, successivamente, trasferito presso la struttura ospedaliera di Venafro. Qui, in data 10 aprile 2015, veniva sottoposto a un intervento chirurgico di riduzione a cielo aperto della frattura sovracondiloidea dell’omero sinistro, con sintesi mediante fili metallici e applicazione di doccia gessata. Tre giorni dopo l’intervento, il minore veniva dimesso dalla struttura con diagnosi di “frattura sovracondiloidea omero sinistro” e con la prescrizione di una specifica terapia farmacologica. Nonostante il rispetto di tutte le prescrizioni mediche impartite dai sanitari dell’ospedale di Venafro, le condizioni di salute del bambino non registravano i miglioramenti attesi. Il quadro clinico risultava ulteriormente complicato dall’insorgenza di un’infezione nosocomiale di tipo Stafilococco Aureo contratta in ambiente ospedaliero, circostanza che aveva rallentato il processo di consolidamento della frattura e influito negativamente sui tessuti molli periarticolari.
In ragione del mancato miglioramento, i genitori decidevano di sottoporre il minore a ulteriori accertamenti presso strutture specializzate. Il bambino veniva infatti ricoverato presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna, dove rimaneva in degenza dal 7 al 10 agosto 2015. Successivamente, veniva sottoposto a esami elettromiografici presso l’Istituto Neuromed di Pozzilli nelle date del 25 maggio e 16 giugno 2016. Tali accertamenti diagnostici rivelavano la presenza di una sofferenza assonale del nervo radiale sinistro di entità moderata/severa, localizzabile a valle della diramazione per il muscolo tricipite branchiale. Tale compromissione neurologica portava al riconoscimento, da parte dell’INPS, dello status di “invalidità con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e funzioni propri della sua età” ai sensi della Legge 118/71 e della Legge 289/90. Nonostante il minore fosse stato sottoposto a un lungo ciclo di fisiokinesiterapia attiva e passiva con elettrostimolazione, protrattosi per circa un anno (dal 9 giugno 2015 al 30 giugno 2016), non si ottenevano i risultati sperati. In data 16 febbraio 2018, uno specialista certificava che il minore era clinicamente guarito ma con postumi invalidanti permanenti che necessitavano di essere accertati in separata sede.
A fronte di tale situazione, i genitori del minore, dopo aver inutilmente esperito un tentativo di mediazione e inoltrato una richiesta di risarcimento danni alla struttura sanitaria, decidevano di adire le vie legali, convenendo in giudizio l’ente ospedaliero al fine di ottenere il ristoro dei danni subiti dal figlio, nonché il rimborso delle spese mediche da loro sostenute e non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale. La struttura sanitaria convenuta si costituiva in giudizio contestando integralmente le domande attoree sia in fatto che in diritto, eccependo preliminarmente la nullità dell’atto di citazione per assoluta genericità ed incertezza degli elementi minimi in violazione degli articoli 163 e 164 c.p.c. e, nel merito, il mancato assolvimento dell’onere probatorio da parte degli attori, la correttezza dell’operato dell’équipe medica e l’assenza dei presupposti per il risarcimento dei danni richiesti.
NORMATIVA E PRECEDENTI
La sentenza in esame si inserisce nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di responsabilità medica, ribadendo principi ormai cristallizzati nella giurisprudenza di legittimità e richiamando importanti pronunce della Suprema Corte. Il Tribunale di Isernia ha posto a fondamento della propria decisione, in primo luogo, gli artt. 1218 e 1228 del codice civile in tema di responsabilità contrattuale, confermando che la responsabilità della struttura sanitaria si configura come contrattuale sia per il rapporto diretto con il paziente, sia per il fatto dei sanitari di cui la struttura si avvale. Il giudice richiama espressamente la nota sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 577/2008, pietra miliare in materia, che ha definitivamente inquadrato la responsabilità della struttura sanitaria nella responsabilità contrattuale, sottolineando che l’accettazione del paziente in ospedale comporta la conclusione di un contratto atipico di spedalità o di assistenza sanitaria. Tale contratto obbliga la struttura a fornire al paziente una prestazione articolata, che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi di protezione e accessori, come la messa a disposizione di personale medico e paramedico, l’apprestamento di medicinali e di tutte le attrezzature necessarie, anche per eventuali complicazioni.
In tema di onere probatorio, la sentenza fa riferimento alla recente pronuncia della Cassazione n. 21511/2024, che ha ribadito come competa al creditore della prestazione dimostrare non solo l’inadempimento della controparte ma anche la sua efficienza causale, ossia il nesso causale tra l’inadempimento e il pregiudizio lamentato, mentre spetta alla struttura convenuta, ove tale prova sia fornita, l’onere di dimostrare l’assenza del legame eziologico, per essersi verificato l’evento per cause non imputabili. Questo principio viene ulteriormente suffragato dai richiami alle sentenze della Cassazione n. 12760/2024, n. 2114/2024 e n. 10050/2022. Per quanto concerne specificamente le infezioni nosocomiali, il Tribunale richiama la recente sentenza della Cassazione n. 16900/2023, chiarendo che la responsabilità della struttura sanitaria non ha natura oggettiva, ma richiede una prova liberatoria articolata e dettagliata circa l’adozione di tutte le misure necessarie per prevenire le infezioni ospedaliere.
In relazione alla determinazione del danno differenziale iatrogeno, la sentenza fa riferimento alle pronunce della Cassazione n. 6341/2014, n. 8551/2017 e n. 28327/2022, che hanno stabilito i criteri per la corretta liquidazione di tale particolare tipologia di danno. In particolare, viene ribadito che la differenza va determinata non sul grado di invalidità permanente, ma sui valori monetari, dovendo prima liquidarsi il danno biologico complessivo patito dalla vittima e poi liquidare il danno biologico che sarebbe verosimilmente residuato in assenza di fatto illecito, costituendo la differenza il danno iatrogeno differenziale del quale il sanitario deve rispondere. Infine, in tema di personalizzazione del danno non patrimoniale, il Tribunale richiama le pronunce della Cassazione n. 23778/2014 e n. 24471/2014, che hanno stabilito il principio secondo cui solo in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali, tempestivamente allegate dal danneggiato, che rendano il danno concreto più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale di Isernia, nell’esaminare il caso sottoposto al suo giudizio, ha preliminarmente respinto l’eccezione di nullità dell’atto di citazione sollevata dalla struttura convenuta, ritenendo che, dall’esame dell’atto introduttivo, dei documenti allegati e delle deduzioni svolte, la ricostruzione in punto di fatto e di diritto della vicenda fosse stata sufficientemente precisa e idonea a consentire alla controparte di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa. Entrando nel merito della controversia, il giudice ha quindi analizzato le condotte censurate in citazione, verificandone l’effettiva ricorrenza e l’idoneità causale a determinare il danno lamentato. In questo percorso valutativo, un ruolo centrale è stato svolto dalla consulenza tecnica d’ufficio, le cui conclusioni sono state integralmente condivise dal Tribunale in quanto ampiamente argomentate, logiche e coerenti sotto tutti i profili, tanto in merito all’individuazione del profilo della colpa, quanto in relazione al nesso di causalità e all’individuazione dei danni.
I consulenti tecnici hanno ritenuto censurabile il comportamento dei sanitari della struttura di Venafro che, di fronte a un fondato sospetto di lesione del nervo radiale in una frattura sovracondiloidea scomposta, non hanno ritenuto opportuno esplorare la struttura anatomica in questione. Questo comportamento è stato giudicato negligente e superficiale, oltre che incomprensibile e illogico, soprattutto considerando che la paralisi del nervo radiale, seppur moderata, è risultata permanente, circostanza che ha indotto a dedurre che il nervo sia rimasto contuso o trafitto da uno dei fili di sintesi utilizzati nell’intervento. La responsabilità professionale è stata quindi addebitata all’équipe chirurgica per quanto attiene alla lesione del nervo radiale e alla struttura sanitaria per quanto riguarda l’infezione del sito chirurgico, essendo stato accertato un nesso di causa materiale tra l’intervento e la successiva infezione.