Recesso illegittimo e restituzione della caparra: il Tribunale di Roma risolve il contratto preliminare per inadempimento dell’acquirente – 2024

Nel panorama giuridico italiano, le controversie legate ai contratti preliminari di compravendita immobiliare sono frequenti e spesso complesse. Una recente sentenza del Tribunale di Roma del 2024 ha affrontato un caso emblematico, sollevando interessanti questioni in merito all’inadempimento contrattuale e alla legittimità del recesso. Il caso in esame pone una domanda cruciale: in quali circostanze il recesso da un contratto preliminare può essere considerato legittimo, e quali sono le conseguenze per le parti coinvolte?

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria in esame trae origine da due contratti preliminari di compravendita immobiliare stipulati il 7 marzo 2019 tra una società promissaria acquirente e una persona fisica promittente venditrice. L’oggetto dei contratti riguardava quattro immobili situati in Roma, precisamente due unità adibite ad ufficio e due posti auto. Il prezzo pattuito era di 35.000 euro per ciascuna unità destinata ad ufficio e 7.500 euro per ogni posto auto.

Al momento della sottoscrizione dei contratti preliminari, la promissaria acquirente aveva versato un importo complessivo di 15.000 euro a titolo di caparra confirmatoria. I contratti prevedevano un piano di pagamento rateale con scadenze mensili dal 10 aprile 2019 al 25 settembre 2019, per un totale di 70.000 euro. La data limite per il perfezionamento delle compravendite era fissata al 25 settembre 2019.

Tuttavia, nel corso dei mesi successivi alla stipula dei contratti preliminari, emersero alcune problematiche. La promissaria acquirente, a seguito di un sopralluogo effettuato da un tecnico di sua fiducia, sollevò questioni relative alla regolarità urbanistica e catastale degli immobili. In particolare, venne contestata la differenza di altezza in uno degli ambienti rispetto a quanto riportato in Catasto, nonché la destinazione d’uso degli immobili.

Il 12 giugno 2019, la promissaria acquirente inviò una lettera raccomandata alla controparte, confermando la volontà di procedere all’acquisto ma chiedendo una riduzione del prezzo in ragione delle presunte irregolarità riscontrate. La promittente venditrice respinse tale richiesta, ribadendo la conformità degli immobili a quanto pattuito e invitando la controparte a fissare la data del rogito entro dieci giorni.

La situazione si è protratta senza che la promissaria acquirente corrispondesse le rate previste dal contratto preliminare o procedesse alla stipula del rogito entro il termine pattuito del 25 settembre 2019. Di conseguenza, la promittente venditrice ha preannunciato l’intenzione di intraprendere un’azione giudiziale per la risoluzione dei contratti per inadempimento.

Il 30 luglio 2019, la promissaria acquirente ha citato in giudizio la promittente venditrice dinanzi al Tribunale di Roma, chiedendo inizialmente l’emissione di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. per l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere il contratto. Successivamente, in sede di precisazione delle conclusioni, la domanda è stata mutata, chiedendo l’accertamento dell’inadempimento contrattuale della promittente venditrice e del proprio legittimo recesso, con conseguente richiesta di condanna al pagamento del doppio della caparra versata.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame tocca diversi aspetti del diritto civile, in particolare in materia di contratti preliminari, inadempimento e risoluzione contrattuale. Le norme e i principi giurisprudenziali rilevanti sono i seguenti:

Articolo 2932 del Codice Civile: Questa norma disciplina l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto. Nel caso in esame, la promissaria acquirente ha inizialmente invocato questo articolo per ottenere una sentenza che producesse gli effetti del contratto non concluso.

Articolo 1453 del Codice Civile: Questo articolo regola la risoluzione del contratto per inadempimento. La giurisprudenza ha chiarito che, in virtù di questa norma, la parte che ha inizialmente chiesto l’adempimento può sostituire tale pretesa con quella di risoluzione anche nel corso del giudizio, purché non alleghi fatti costitutivi diversi (Cass., Sez. 2 civ., sentenza n. 8234 del 6.4.2009).

Articolo 1385 del Codice Civile: Questa disposizione disciplina la caparra confirmatoria. In particolare, il comma 2 stabilisce che se la parte che ha versato la caparra è inadempiente, l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra.

Articolo 1458 del Codice Civile: Questa norma regola gli effetti della risoluzione del contratto, prevedendo che essa abbia effetto retroattivo tra le parti.

Per quanto riguarda i precedenti giurisprudenziali, il Tribunale ha fatto riferimento a diverse sentenze della Corte di Cassazione:

  1. Cass., Sez. Un. Civ., sentenza n. 13533 del 30.10.2001: Questa sentenza ha stabilito il principio secondo cui il creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, il risarcimento del danno o l’adempimento deve provare la fonte del suo diritto e il relativo termine di scadenza, mentre spetta al debitore convenuto provare l’avvenuto adempimento.
  2. Cass., Sez. 6-2 civ., ordinanza n. 24841 del 24.11.2011: Questa pronuncia ha chiarito che per l’esercizio legittimo del diritto di recesso ex art. 1385, comma 2, c.c. è necessario l’adempimento del contraente che esercita tale diritto.
  3. Cass., Sez. 2 civ., ordinanza n. 11466 del 15.6.2020: Questa decisione ha affermato che non sussiste violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato quando il giudice, qualificando giuridicamente in modo diverso i fatti posti a fondamento della domanda, attribuisce un bene della vita omogeneo ma ridimensionato rispetto a quello richiesto.

Questi riferimenti normativi e giurisprudenziali hanno fornito il quadro legale entro il quale il Tribunale di Roma ha analizzato e deciso il caso in questione.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Roma, nell’analizzare il caso, ha adottato il principio della “ragione più liquida“, decidendo la causa sulla base della soluzione di una questione assorbente, senza necessità di esaminare tutte le altre questioni prospettate dalle parti.

In primo luogo, il Tribunale ha ritenuto ammissibile il mutamento della domanda da parte della promissaria acquirente, che è passata dalla richiesta di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. alla domanda di accertamento dell’inadempimento e del proprio legittimo recesso. Questo in virtù del principio processuale derivante dall’art. 1453 c.c., secondo cui la parte che ha inizialmente chiesto l’adempimento può sostituire tale pretesa con quella di risoluzione anche nel corso del giudizio.

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