Recesso dal contratto di lavoro durante il periodo di prova: tutto quello che c’è da sapere

Recesso dal contratto di lavoro durante il periodo di prova: tutto quello che c’è da sapere

Il periodo di prova è una fase iniziale del rapporto di lavoro durante la quale il datore di lavoro e il lavoratore hanno la possibilità di valutarsi reciprocamente. Durante questo periodo, entrambe le parti possono recedere dal contratto senza obbligo di preavviso o di indennità.

Come funziona il recesso durante il periodo di prova?

Il recesso durante il periodo di prova può essere esercitato da entrambe le parti, sia dal datore di lavoro che dal lavoratore. In entrambi i casi, il recesso non è soggetto a preavviso o a indennità.

Quali sono i limiti al recesso durante il periodo di prova?

Il recesso durante il periodo di prova è soggetto a due limiti:

  • Il recesso non può essere esercitato per motivi non inerenti alla prova. Ad esempio, il datore di lavoro non può recedere dal contratto per motivi discriminatori o per motivi personali.
  • Il lavoratore deve essere messo in condizione di dimostrare le proprie attitudini e capacità a svolgere le mansioni a lui assegnate. Il datore di lavoro, pertanto, deve fornire al lavoratore un lasso di tempo ragionevole per superare la prova.

Cosa succede se il recesso è illegittimo?

Se il recesso durante il periodo di prova è illegittimo, il lavoratore può impugnarlo innanzi al giudice del lavoro. In tal caso, il giudice può dichiarare il recesso nullo o annullare il licenziamento, con conseguente reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e il pagamento della relativa indennità.

Sul punto, la Corte Costituzionale, con la nota sentenza 22 dicembre 1980, n. 189, ha solennemente statuito che la nullità del licenziamento durante il periodo di prova può essere pronunciata nel caso in cui il lavoratore dimostri:  

  1. il positivo superamento del periodo di prova;
  2. che il licenziamento sia avvenuto per un motivo illecito ossia per ragioni non attinenti all’esito della prova e/o alle mansioni espletate durante la prova.

Sicchè, la libertà nel recesso non significa che esso sia a totale discrezione del datore di lavoro. Con la richiamata sentenza, infatti, la Corte Costituzionale ha ritenuto infondata la questione di costituzionalità degli artt. 2096, comma terzo, c.c. e 10 L. n. 604/1966, nelle parti in cui consentivano il recesso immotivato del datore dal rapporto di lavoro in prova, per contrasto con gli artt. 3, commi primo e secondo, 4, 25 e 41, comma secondo, Cost., a patto di riconoscere la sindacabilità del concreto esercizio del recesso operato dall’imprenditore in costanza del periodo di prova e l’annullabilità dell’atto nel quale si esprime, tutte le volte che il lavoratore “ritenga e sappia dimostrare il positivo superamento dell’esperimento nonché l’imputabilità del licenziamento ad un motivo illecito”. Sulla scorta del dettato della Corte Costituzionale, la Suprema Corte – Sezione, con sentenza n. 16224 del 27.06.2013, ha statuito che il licenziamento intimato nel corso o al termine del periodo di prova, avendo natura discrezionale, non deve essere motivato, aggiungendo tuttavia che incombe sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l’onere di provare, secondo la regola generale di cui all’art. 2697 c.c., sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da un motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova, circoscrivendo la libertà di recesso nell’ambito della funzione cui il patto di prova è finalizzato. In altri termini, spetta al lavoratore – che voglia impugnare il licenziamento durante o dopo la prova – dimostrare l’esito positivo del superamento della prova stessa e il motivo illecito del licenziamento.

Inoltre, la giurisprudenza ammette potersi dare prova del motivo illecito e/o del carattere ritorsivo/discriminatorio del licenziamento intimato anche per presunzioni: “l’ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito o di altra persona ad esso legata e pertanto accomunata nella reazione, con conseguente nullità del licenziamento, quando il motivo ritorsivo sia stato l’unico determinante e sempre che il lavoratore ne abbia fornito prova, anche con presunzioni” (Cass. n. 17087/2011).

Ecco alcuni casi in cui il recesso durante il periodo di prova è illegittimo:

  • Il datore di lavoro non ha consentito effettivamente l’esperimento costituente la prova. Ad esempio, il datore di lavoro non ha assegnato al lavoratore le mansioni per cui si doveva fare la valutazione.
  • Il datore di lavoro non ha concesso al lavoratore un lasso di tempo ragionevole per superare la prova.
  • Il licenziamento è stato determinato o comunque influenzato dallo stato di invalidità del lavoratore.
  • Il patto di prova non è stato validamente stipulato.

Conclusione

Il periodo di prova è una fase importante del rapporto di lavoro che deve essere gestita con attenzione da entrambe le parti. Il recesso durante il periodo di prova è un’importante tutela per il lavoratore, che deve essere esercitato in modo legittimo.

Avv. Cosimo Montinaro

(avvocato del lavoro)

.

error: Contenuto protetto!
Torna in alto
ChiamaWhatsapp