Prescrizione dei buoni fruttiferi postali: nessun obbligo di indicare la scadenza, sentenza Tribunale di Roma 2024

Prescrizione dei buoni fruttiferi postali: nessun obbligo di indicare la scadenza, sentenza Tribunale di Roma 2024

Una recente sentenza del Tribunale di Roma del 2024 ha riacceso il dibattito sui buoni fruttiferi postali e sui diritti dei risparmiatori. Il caso solleva interrogativi cruciali: quanto conta l’informazione fornita al momento della sottoscrizione? La mancata indicazione della data di scadenza può realmente impedire la prescrizione del diritto al rimborso? E soprattutto, quali tutele sono effettivamente garantite ai sottoscrittori di questi popolari strumenti di risparmio? La decisione del Tribunale offre spunti di riflessione che interessano migliaia di risparmiatori italiani e mette in luce le complesse dinamiche tra normativa, prassi bancaria e diritti dei consumatori nel settore finanziario.

Indice

ESPOSIZIONE DEI FATTI

Il caso in esame trae origine dall’acquisto, avvenuto l’8 gennaio 2002, di tre buoni fruttiferi postali a termine, ciascuno del valore di 1.000 euro, da parte della madre di due soggetti che successivamente sarebbero divenuti gli attori della causa. I buoni in questione appartenevano alla serie “AA3”, emessa con decreto ministeriale del 17 ottobre 2001.

La vicenda giudiziaria ha inizio quando, il 12 gennaio 2021, la sottoscrittrice si è recata presso un ufficio postale per richiedere il rimborso dei suddetti buoni. Tuttavia, la sua richiesta è stata respinta dall’ufficio postale, che ha motivato il rifiuto adducendo l’avvenuta prescrizione dei titoli.

Gli intestatari dei buoni, ritenendo illegittimo tale diniego, hanno deciso di intraprendere un’azione legale. Le loro argomentazioni si basavano principalmente su tre punti:

  1. Sostenevano che il termine di prescrizione non fosse iniziato a decorrere, poiché sui buoni non era stata indicata la data di scadenza.
  2. Affermavano che, trattandosi di titoli di legittimazione ai sensi dell’art. 2002 del Codice Civile, il vincolo contrattuale si sarebbe dovuto formare esclusivamente sulla base dei dati risultanti dal testo sottoscritto, che in questo caso erano incompleti.
  3. Lamentavano una violazione dei doveri di trasparenza e informazione da parte dell’emittente, in quanto al momento dell’acquisto non era stato consegnato loro il foglio illustrativo contenente le informazioni dettagliate sui buoni.

Gli attori hanno quindi citato in giudizio Poste Italiane S.p.A. e Cassa Depositi e Prestiti S.p.A. davanti al Giudice di Pace di Roma, chiedendo l’accertamento della violazione dei doveri di trasparenza e informazione e, di conseguenza, la dichiarazione di non avvenuta prescrizione dei buoni. In subordine, hanno richiesto il risarcimento del danno o almeno il rimborso del valore nominale dei buoni.

Le società convenute si sono costituite in giudizio contestando le pretese degli attori. Poste Italiane ha sostenuto la legittimità del proprio operato, affermando che i buoni erano effettivamente prescritti in base alla normativa vigente. Ha inoltre negato qualsiasi violazione degli obblighi informativi, dichiarando che le caratteristiche dei buoni, inclusa la loro durata, erano conoscibili attraverso i decreti ministeriali pubblicati in Gazzetta Ufficiale e i fogli informativi affissi negli uffici postali.

Cassa Depositi e Prestiti, dal canto suo, ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva e ha comunque sostenuto la tesi della prescrizione del diritto al rimborso.

Il Giudice di Pace di Roma, con sentenza n. 24217/2021 pubblicata il 16 novembre 2021, ha rigettato la domanda degli attori, condannandoli al pagamento delle spese di lite.

Insoddisfatti dell’esito del primo grado di giudizio, gli attori hanno proposto appello davanti al Tribunale di Roma, contestando la decisione del Giudice di Pace e ribadendo le proprie ragioni.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce in un complesso quadro normativo e giurisprudenziale relativo ai buoni fruttiferi postali, che ha subito diverse evoluzioni nel corso degli anni. È quindi opportuno analizzare le principali disposizioni e orientamenti giurisprudenziali rilevanti per la comprensione della questione.

In primo luogo, occorre fare riferimento all’art. 2002 del Codice Civile, che disciplina i titoli di legittimazione. Questa norma è fondamentale per inquadrare la natura giuridica dei buoni fruttiferi postali, che sono appunto considerati titoli di legittimazione. Ciò significa che, in linea di principio, il rapporto tra emittente e sottoscrittore dovrebbe basarsi sul contenuto letterale del documento.

Tuttavia, la disciplina specifica dei buoni fruttiferi postali è stata oggetto di diverse modifiche legislative nel corso del tempo. Un punto di svolta significativo è rappresentato dall’abrogazione dell’art. 176 del D.P.R. n. 156/1973 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni) ad opera dell’art. 7 del D.Lgs. n. 284/1999. L’art. 176 prevedeva che i buoni potessero essere riscossi entro il termine di prescrizione ordinaria di dieci anni, decorrente dalla data di scadenza del titolo.

Con l’abrogazione di questa norma, la disciplina della prescrizione dei buoni fruttiferi postali è stata demandata ai decreti ministeriali. In particolare, l’art. 8 del D.M. 19 dicembre 2000 ha stabilito che “I diritti dei titolari dei buoni fruttiferi postali si prescrivono a favore dell’emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza del titolo per quanto riguarda il capitale e gli interessi“. Questa disposizione è stata resa applicabile anche alle serie di buoni già emesse alla data di entrata in vigore del decreto, purché non si fossero già compiuti i termini di prescrizione previsti dalla normativa previgente.

Un altro aspetto rilevante della normativa riguarda gli obblighi informativi dell’emittente. In questo contesto, assume particolare importanza il D.M. del 19 dicembre 2000, che all’art. 6 prevede che le caratteristiche dei buoni fruttiferi postali siano riportate nei fogli informativi a disposizione della clientela presso gli uffici postali.

Per quanto riguarda i precedenti giurisprudenziali, la sentenza fa riferimento alla pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 13979 del 15 giugno 2007. Questa sentenza, pur riguardando una fattispecie diversa (relativa al contrasto tra le condizioni riportate sul titolo e quelle stabilite dal decreto ministeriale in riferimento al saggio degli interessi), ha affermato il principio secondo cui il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti.

Tuttavia, la giurisprudenza successiva ha in parte ridimensionato la portata di questo principio, soprattutto in relazione agli obblighi informativi e alla disciplina a tutela del consumatore. In particolare, la sentenza delle Sezioni Unite n. 3963/2019 ha stabilito che la disciplina a tutela del consumatore deve ritenersi inapplicabile in materia di buoni fruttiferi postali, attesa la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori alle variazioni derivanti dalla sopravvenienza dei decreti ministeriali.

Questo orientamento si fonda sul presupposto che la posizione di soggezione del sottoscrittore alle modifiche normative sia incompatibile con l’applicazione della disciplina di tutela dei consumatori, che si estrinseca nel meccanismo della sottoscrizione separata delle clausole vessatorie o nell’imposizione di obblighi informativi personalizzati.

Infine, è importante richiamare il principio generale sancito dall’art. 2936 del Codice Civile, secondo cui le norme sulla prescrizione non sono derogabili dalle parti. Questo principio è fondamentale per comprendere l’approccio adottato dal Tribunale nel caso in esame, in quanto esclude la possibilità che eventuali carenze informative possano impedire il decorso della prescrizione.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

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