Perforazione intestinale durante intervento di laparocele: struttura sanitaria condannata per negligenza medica – Tribunale di Brindisi, 2025

Il Tribunale di Brindisi ha emanato una significativa sentenza in materia di responsabilità medica, condannando una struttura sanitaria per i danni causati a una paziente durante un intervento di correzione chirurgica di laparocele. La vicenda riguarda un caso di perforazione intestinale verificatosi durante l’operazione, con conseguenti gravi complicazioni per la paziente. La sentenza stabilisce un importante precedente in materia di negligenza medica e responsabilità della struttura sanitaria, evidenziando come la perforazione intestinale non rientri tra le complicanze prevedibili dell’intervento ma sia stata causata da imperizia nell’esecuzione della procedura chirurgica. Il Tribunale ha riconosciuto il nesso causale tra l’intervento e i danni subiti dalla paziente, che ha dovuto sottoporsi a un successivo intervento d’urgenza per risolvere le complicazioni derivanti dalla perforazione.

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Indice

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

Nel giugno 2021, una paziente viene ricoverata presso una struttura sanitaria di Brindisi per essere sottoposta a un intervento programmato di correzione chirurgica di laparocele addominale post-chirurgico. L’8 giugno 2021, la paziente viene sottoposta all’intervento di plastica con rete in prolene previa lisi. Nonostante l’apparente regolarità dell’intervento, la paziente viene dimessa dopo soli due giorni, ma il giorno stesso della dimissione manifesta gravi problemi di salute che la costringono a recarsi presso il P.P.I. di Grottaglie. La situazione si aggrava rapidamente al punto che l’11 giugno 2021 la paziente viene trasportata in codice rosso all’ospedale S.S. Annunziata di Taranto. Il giorno successivo, viene sottoposta d’urgenza a un nuovo intervento chirurgico a causa di una perforazione intestinale subita durante l’intervento originario presso la clinica. La CTU medica ha successivamente accertato che la perforazione non era una complicanza prevedibile dell’intervento, ma è stata causata da imperizia e imprudenza durante l’esecuzione della procedura chirurgica. La paziente ha riportato un’invalidità temporanea assoluta di 27 giorni, seguita da 60 giorni di invalidità parziale al 50%, oltre a un danno biologico permanente, comprensivo di danno estetico per le cicatrici riportate.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso si inquadra nel contesto della responsabilità sanitaria disciplinata dalla Legge n. 24/2017 (c.d. Legge Gelli-Bianco). La sentenza richiama importanti precedenti giurisprudenziali della Suprema Corte, in particolare le sentenze n. 4864/2021 e n. 6386/2023, che hanno definito i principi fondamentali in materia di onere probatorio nelle cause di responsabilità medica. Secondo tali principi, spetta al paziente provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della situazione patologica e la condotta del sanitario, mentre alla struttura sanitaria compete la prova di aver adempiuto esattamente la prestazione o la prova della causa imprevedibile ed inevitabile dell’impossibilità dell’esatta esecuzione. Nel caso specifico, la Corte ha applicato l’art. 7, comma 1, della Legge n. 24/2017, che configura il rapporto tra paziente e struttura sanitaria come un contratto atipico (il c.d. contratto di spedalità). Per la liquidazione del danno non patrimoniale, il Tribunale ha applicato le tabelle previste dagli articoli 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni Private (D.lgs n. 209/2005), specificamente quelle relative alle lesioni di lieve entità. La sentenza si basa inoltre sull’art. 1218 c.c., che disciplina la responsabilità del debitore per l’inadempimento delle obbligazioni.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Brindisi ha accolto parzialmente la domanda della ricorrente, riconoscendo la responsabilità contrattuale della struttura sanitaria. L’elemento centrale della decisione si basa sulle risultanze della CTU medico-legale, che ha evidenziato come la perforazione intestinale non rientrasse tra le complicanze prevedibili dell’intervento di laparocele. I consulenti tecnici hanno rilevato che la lesione è stata causata da una manovra chirurgica imperita, in particolare durante l’esecuzione di una “sutura a sopraggitto del peritoneo”. La struttura sanitaria non è riuscita a dimostrare che il danno iatrogeno fosse dipeso da un impedimento imprevedibile e inevitabile con la particolare diligenza richiesta agli esercenti le professioni sanitarie. Il Tribunale ha applicato il criterio della probabilità logica, secondo il principio del “più probabile che non“, per stabilire il nesso causale tra l’intervento e le lesioni. Particolarmente significativo è stato il fatto che l’intervento originario non prevedeva l’apertura del peritoneo né alcuna lisi delle aderenze tra visceri addominali, essendo limitato alla riparazione della parete addominale sede dell’ernia. La decisione sottolinea come la tempistica tra l’intervento e l’insorgenza dei sintomi, unita alla natura della complicanza, costituisca un elemento probatorio determinante.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“Il fatto che il posizionamento della protesi sia stato sovra peritoneale e non abbia comportato l’apertura dello stesso, in base alla descrizione ‘sintetica’ riportata, non solleva il chirurgo operatore dalle sue responsabilità anzi le amplifica considerata la scelta ‘atipica’ di effettuare ‘una sutura a sopraggitto del peritoneo per rafforzare la parete’. La perforazione intestinale come complicanza, non rientra fra quelle note ma non prevedibili, è dovuta a imperizia, imprudenza

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