Mancata ecografia in gravidanza e morte endouterina del feto: risarcito il danno esistenziale per l’omessa diagnosi – Tribunale di Ascoli Piceno 2025

Una significativa sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno affronta il delicato tema della responsabilità medica in ambito ostetrico-ginecologico, con particolare riferimento alle conseguenze dell’omessa esecuzione di accertamenti diagnostici fondamentali durante la gravidanza. Il caso in esame riguarda una paziente che, al nono mese di gestazione, si era recata al pronto soccorso manifestando sintomi preoccupanti, tra cui perdite di colore verde. Nonostante questi segni clinici evidenti, i sanitari si limitarono a prescrivere un tampone vaginale, omettendo di effettuare un’ecografia che avrebbe potuto rilevare tempestivamente le condizioni del feto. Solo tre giorni dopo, quando la paziente tornò in ospedale con dolori da parto, venne scoperta la morte endouterina del feto. Il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità della struttura sanitaria non tanto per la morte del feto – che secondo i consulenti tecnici era probabilmente già avvenuta prima del primo accesso in ospedale – quanto per i danni esistenziali causati alla madre e ai familiari dalla mancata diagnosi tempestiva. La decisione stabilisce un importante principio in materia di responsabilità medica, riconoscendo la risarcibilità del pregiudizio psicologico ed emotivo derivante dall’essere stati privati della possibilità di elaborare anticipatamente il lutto e di effettuare scelte consapevoli sulle modalità del parto. La sentenza si inserisce nel filone giurisprudenziale che valorizza la tutela dei diritti fondamentali della persona, incluso quello all’autodeterminazione nelle scelte sanitarie.

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Indice

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda processuale trae origine da eventi verificatisi nel luglio 2010, quando una paziente al nono mese di gravidanza si presentò al pronto soccorso dell’ospedale di Ascoli Piceno manifestando sintomi che avrebbero richiesto un’immediata valutazione approfondita. In particolare, la gestante aveva rilevato chiari movimenti fetali e contemporaneamente notato perdite di forte colore verde, tanto da aver conservato il materiale biologico per mostrarlo ai sanitari. Giunta in ospedale, la paziente venne visitata presso il reparto di ginecologia dove i medici si limitarono a una valutazione superficiale, diagnosticando “collo uterino chiuso, membrane integre, perdite verdi maleodoranti” e prescrivendo unicamente l’esecuzione di un tampone vaginale. La mattina successiva, la paziente si recò nuovamente in ospedale per eseguire gli esami prescritti, in particolare un “prelievo microbiologico vaginale con richiesta trichomonas“, dopo di che venne rimandata a casa con l’indicazione di ritirare i risultati il 6 agosto. La situazione precipitò nelle prime ore del 1° agosto, quando la donna, avvertendo i dolori del parto, si presentò nuovamente al pronto soccorso. In questa occasione, sottoposta finalmente a monitoraggio, emersero dati preoccupanti che indussero i sanitari a procedere con un parto cesareo d’urgenza. Purtroppo, il neonato venne alla luce privo di attività respiratoria, evidenziando una morte endouterina che, secondo le successive valutazioni medico-legali, era probabilmente avvenuta tra le 48 e le 72 ore prima, se non oltre.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il quadro normativo e giurisprudenziale entro cui si inserisce la decisione del Tribunale di Ascoli Piceno è caratterizzato da una particolare attenzione alla tutela dei diritti fondamentali della persona nell’ambito sanitario. La responsabilità medica viene inquadrata nella cornice della responsabilità contrattuale, disciplinata dall’art. 1218 del codice civile, che prevede l’obbligo di risarcimento del danno in caso di inadempimento non giustificato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile al debitore. Nel caso specifico, assume particolare rilevanza il principio secondo cui la colpa medica può manifestarsi non solo attraverso azioni errate, ma anche mediante omissioni di atti dovuti secondo le buone pratiche cliniche. La sentenza richiama espressamente la giurisprudenza della Suprema Corte (Cassazione n. 7513/18) che ha stabilito come il danno non patrimoniale, anche quando non conseguente a una lesione della salute, debba essere risarcito qualora vengano lesi altri interessi e valori protetti dalla Costituzione. Particolare rilevanza assume il diritto all’autodeterminazione nelle scelte sanitarie, che si configura come diritto fondamentale della persona e che risulta violato quando il paziente, a causa di omissioni informative o diagnostiche, viene privato della possibilità di effettuare scelte consapevoli sul proprio percorso di cura.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Ascoli Piceno ha accolto parzialmente la domanda risarcitoria, concentrandosi sulla responsabilità derivante dall’omessa ecografia durante il primo accesso ospedaliero. La decisione si basa su un’approfondita analisi del nesso causale tra l’omissione diagnostica e i danni subiti dai ricorrenti.

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