L’omessa apposizione della formula esecutiva sul decreto ingiuntivo: causa di nullità del precetto – Tribunale di Lecce, 2024

INTRODUZIONE

Nel panorama delle procedure esecutive, la corretta notifica del titolo esecutivo rappresenta un elemento cruciale per la validità dell’intero procedimento. Ma cosa accade quando il titolo, pur esistente, viene notificato privo della formula esecutiva? Un recente caso affrontato dal Tribunale di Lecce nel 2024 ha sollevato interessanti questioni in merito, ponendo l’accento sulla sottile linea che separa l’irregolarità formale dall’inesistenza del titolo stesso. Come si configura l’opposizione in tali circostanze e quali sono le conseguenze processuali?

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda in esame trae origine da un’opposizione agli atti esecutivi proposta ai sensi dell’art. 617, comma 1, del codice di procedura civile. L’attrice-opponente ha impugnato un precetto notificatole in data 6 dicembre 2022, per un importo di 848,29 euro. Tale precetto si fondava su un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Lecce nell’ambito del procedimento R.G. n. 11806/2022.

Il fulcro della contestazione mossa dall’opponente risiedeva nell’illegittimità del titolo esecutivo, in quanto notificato privo della formula esecutiva. Contestualmente, l’attrice si riservava di contestare le ragioni di credito della parte ingiungente in un separato giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo.

La parte convenuta-opposta, costituitasi in giudizio, ha insistito sulla fondatezza della propria pretesa creditoria, sostenendo che essa derivava da lavori di manutenzione straordinaria eseguiti su una caldaia biomassa di proprietà dell’attrice. A supporto di tale affermazione, la convenuta ha fatto riferimento a fatture commerciali poste a fondamento della domanda monitoria.

È importante sottolineare che la disciplina applicabile al caso di specie, in tema di regolarità formale del titolo esecutivo, è quella antecedente alla cosiddetta “Riforma Cartabia”, entrata in vigore il 1° marzo 2023. Prima di tale riforma, l’art. 475 c.p.c. prevedeva espressamente che le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, dovessero essere muniti della formula esecutiva rilasciata dal cancelliere dell’ufficio che aveva pronunciato il provvedimento.

Nel caso in questione, è emerso che il decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Lecce era stato notificato all’opponente soltanto in copia conforme all’originale, senza l’apposizione della formula esecutiva, all’epoca obbligatoria. Tale circostanza è stata confermata anche dalla stessa parte convenuta-opposta, che nelle proprie conclusioni ha chiesto in via preliminare la concessione della provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo, a riprova del fatto che il titolo ne fosse effettivamente privo sin dall’origine.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce in un contesto normativo e giurisprudenziale ben definito, che merita un’attenta analisi. Il punto di partenza è rappresentato dall’art. 617 del codice di procedura civile, che disciplina l’opposizione agli atti esecutivi. Tale norma prevede la possibilità di contestare la regolarità formale del titolo esecutivo o del precetto.

Prima di addentrarci nell’analisi specifica del caso, è fondamentale richiamare l’orientamento della Corte di Cassazione in materia. In particolare, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 4916 del 20 luglio 2016, hanno riaffermato la tradizionale distinzione tra le diverse forme di patologia processuale. Nel caso dell’omessa apposizione della formula esecutiva sul titolo, la questione centrale è stabilire se tale mancanza determini l’inesistenza del titolo stesso o se dia luogo a una mera irregolarità formale.

Questa distinzione non è di poco conto, poiché da essa dipende il regime di impugnazione applicabile. Nel caso di inesistenza del titolo, la carenza dei presupposti dell’azione espropriativa potrebbe essere rilevata d’ufficio o denunciata dall’opponente fino al momento in cui non sia stata disposta la vendita o l’assegnazione dei beni pignorati, ai sensi degli artt. 530, 552 e 569 c.p.c. (come previsto dall’art. 615, comma 2, c.p.c.). Diversamente, nel caso di mera irregolarità formale, il vizio sarebbe censurabile nelle forme e nei termini propri dell’opposizione agli atti esecutivi, disciplinata dall’art. 617 c.p.c.

La giurisprudenza consolidata della Corte di Cassazione ha stabilito che la denuncia dell’omessa apposizione della formula esecutiva configura un’opposizione agli atti esecutivi quando si fa riferimento solamente alla correttezza della spedizione del titolo in forma esecutiva richiesta dall’art. 475 c.p.c., senza metterne in dubbio l’esistenza. In tali casi, il difetto si concretizza in un’irregolarità del procedimento esecutivo o del precetto. Al contrario, quando si contesta l’inesistenza del titolo esecutivo o la mancata soddisfazione delle condizioni affinché l’atto acquisti efficacia esecutiva, l’opposizione deve qualificarsi come proposta ai sensi dell’art. 615 c.p.c. (Cass. sent. n. 13069 del 05/06/2007, conf. Sez. 3, sent. n. 24279 del 30/11/2010; Sez. 3, sent. n. 25638 del 14/11/2013).

Un ulteriore aspetto rilevante emerge da una delle ultime pronunce della Suprema Corte prima della modifica dell’art. 475 c.p.c. Con la sentenza n. 3967 del 12 febbraio 2019, la Terza Sezione Civile ha affermato che l’omessa spedizione in forma esecutiva della copia del titolo esecutivo rilasciata al creditore e da questi notificata al debitore determina un’irregolarità formale del titolo stesso. Tale irregolarità deve essere denunciata nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 comma 1 c.p.c., senza che la proposizione dell’opposizione determini l’automatica sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell’art. 156 comma 3 c.p.c.

Tuttavia, la Corte ha anche precisato che, in base ai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, il debitore opponente non può limitarsi a dedurre l’irregolarità formale in sé considerata. È necessario, a pena di inammissibilità dell’opposizione, che egli indichi quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo tale irregolarità abbia cagionato. Questo principio si fonda sul presupposto che qualsiasi denuncia di un error in procedendo deve essere accompagnata dall’enunciazione di un concreto pregiudizio subito dalla parte, poiché non esiste un interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale delineato, il Tribunale di Lecce ha affrontato il caso in esame con particolare attenzione. In primo luogo, il giudice ha correttamente inquadrato l’opposizione proposta dall’attrice come opposizione agli atti esecutivi, in quanto la contestazione verteva sull’omessa spedizione del titolo in forma esecutiva richiesta dall’art. 475 c.p.c. nella sua previgente formulazione. Si trattava, quindi, di una contestazione sul quomodo dell’esecuzione, piuttosto che sull’an.

Il Tribunale ha rilevato che, inequivocabilmente, il decreto ingiuntivo era stato notificato alla debitrice privo della formula esecutiva. Questo elemento, di per sé, rendeva fondata l’eccezione sollevata dall’opponente. Tuttavia, in linea con l’orientamento giurisprudenziale della Cassazione, il giudice non si è limitato a questa constatazione.

Infatti, il Tribunale ha dato atto che l’attrice aveva anche negato l’esistenza del diritto di credito vantato dalla società convenuta, allegando di aver proposto opposizione alla domanda monitoria. A sostegno di ciò, l’attrice ha fornito prova indicando gli estremi della causa (R.G. n. 5708/23) pendente dinanzi al Giudice di Pace di Lecce. Questo elemento è stato considerato dal giudice come indice di un concreto interesse dell’attrice a demolire la pretesa creditoria che, se illegittima, sarebbe stata senz’altro foriera di pregiudizio per la parte destinataria.

Tale approccio del Tribunale di Lecce si allinea perfettamente con l’orientamento della Cassazione, che ritiene ammissibile l’opposizione agli atti esecutivi solo se accompagnata anche dalla dimostrazione del pregiudizio subito dal debitore. Nel caso specifico, sebbene il pregiudizio non fosse stato dimostrato nel presente giudizio, limitato alla sola denuncia dell’irregolarità formale del titolo, esso era stato comunque prospettato dall’attrice attraverso l’avvio di un autonomo processo avverso il decreto ingiuntivo.

Sulla base di queste considerazioni, il Tribunale ha accolto l’opposizione, dichiarando la nullità del precetto. Questa decisione sottolinea l’importanza non solo della correttezza formale degli atti esecutivi, ma anche della necessità di dimostrare un concreto interesse ad agire nell’ambito delle opposizioni esecutive.

La sentenza in esame offre diversi spunti di riflessione. In primo luogo, evidenzia come, anche in presenza di un’irregolarità formale apparentemente chiara (come l’omessa apposizione della formula esecutiva), sia necessario un’analisi più approfondita che tenga conto dell’effettivo pregiudizio subito dalla parte opponente. In secondo luogo, la decisione sottolinea l’importanza di una visione d’insieme del contenzioso, considerando non solo il singolo atto impugnato, ma anche le eventuali azioni correlate intraprese dalle parti.

Infine, è interessante notare come il Tribunale abbia applicato la normativa previgente alla “Riforma Cartabia“, dimostrando la necessità di una costante attenzione alle modifiche legislative e alla loro entrata in vigore, soprattutto in un ambito delicato come quello delle procedure esecutive.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

L’opposizione è fondata e va accolta. Non è superfluo rilevare che la disciplina da applicare al caso di specie in tema di regolarità formale del titolo esecutivo è quella antecedente alla c.d. Riforma Cartabia, entrata in vigore dal 1° marzo 2023 ex decreto n. 149/2022, che modificando l’art. 475 c.p.c. ha abrogato la formula esecutiva e quindi l’obbligatorietà della relativa apposizione sul titolo esecutivo, prevedendo, per la validità del titolo ai fini della esecuzione forzata, soltanto l’attestazione di conformità del titolo all’originale. Ante Riforma Cartabia l’originaria disposizione contenuta nell’art. 475 c.p.c. prevedeva che le sentenze e gli altri provvedimenti dell’autorità giudiziaria, per valere come titolo per l’esecuzione forzata, dovevano essere muniti della formula esecutiva rilasciata dal cancelliere dell’ufficio che aveva pronunciato il provvedimento. […] Posto che, inequivocabilmente, il decreto ingiuntivo è stato notificato alla debitrice privo della formula esecutiva, per ciò solo, l’eccezione sollevata dalla [opponente] è fondata, deve parimenti darsi atto che l’attrice ha inoltre negato l’esistenza del diritto di credito vantato dalla società convenuta allegando che avrebbe svolto opposizione alla domanda monitoria, come di fatto ha dato prova indicando gli estremi della causa (r.g. n. 5708/23 dinanzi al Giudice di Pace di Lecce Dott.ssa Santoro) in segno di concreto interesse dell’attrice a voler demolire la pretesa creditoria che, se illegittima, sarebbe senz’altro foriera di pregiudizio per la parte destinataria della stessa. Pertanto, in linea con l’anzidetto orientamento giurisprudenziale – che ritiene ammissibile l’opposizione agli atti esecutivi soltanto se accompagnata anche dal pregiudizio subito dal debitore che, nello specifico, pur non dimostrato dall’attrice nel presente giudizio, limitato alla sola denuncia della irregolarità formale del titolo, è stato comunque prospettato dalla [opponente] che ha svolto autonomo processo avverso il decreto ingiuntivo – l’opposizione deve essere accolta cui consegue la nullità del precetto.

(Tribunale di Lecce, Sentenza n. 2808/2024)

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