Una recente pronuncia della Corte d’Appello dell’Aquila affronta il delicato tema della responsabilità nell’investimento di un pedone in stato di ebbrezza, fornendo importanti chiarimenti sui criteri di valutazione del concorso di colpa tra conducente e vittima. Nel caso di specie, il sinistro si è verificato in orario serale su una strada priva di attraversamenti pedonali, con il pedone che attraversava con una stampella e in stato di alterazione alcolica (tasso alcolemico di 2,65 g/l). La Corte, riformando la sentenza di primo grado che aveva escluso la responsabilità del conducente, ha riconosciuto un concorso di colpa paritario tra i due soggetti, evidenziando come lo stato di ebbrezza del pedone, pur rilevante nella dinamica dell’incidente, non sia sufficiente ad escludere la responsabilità dell’automobilista in assenza della prova di una condotta del tutto imprevedibile e inevitabile.
RICHIEDI UNA CONSULENZA ➡️ Avv. Cosimo Montinaro – Tel. 0832/1827251 – e-mail segreteria@studiomontinaro.it ⬅️
INDICE
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
- SCARICA LA SENTENZA ⬇️
ESPOSIZIONE DEI FATTI
Il caso trae origine da un sinistro stradale verificatosi a Sulmona il 17 dicembre 2017 alle ore 17:20, quando un pedone che attraversava la strada con una stampella veniva investito da una Fiat Panda. L’impatto avveniva in Via Lamaccio, all’altezza del civico 22/A, in un tratto privo di strisce pedonali e con illuminazione parzialmente compromessa per un lampione non funzionante posto a 11 metri dal luogo dell’incidente.
La dinamica dell’incidente è stata ricostruita grazie alla testimonianza diretta di un Ispettore di Polizia che si trovava in zona. Il teste ha riferito di aver notato, a circa 20 metri di distanza, una persona che camminava con una stampella sulla carreggiata e che, giunta all’altezza del civico 22/A, aveva iniziato l’attraversamento passando tra le auto in colonna. Il pedone, che indossava abiti scuri in orario ormai notturno, sembrava procedere con difficoltà.
A seguito dell’impatto, la vittima riportava inizialmente la frattura dell’arto destro ma, successivamente, cadeva in stato comatoso a causa di una voluminosa contusione emorragica frontale con ematoma subdurale acuto post-traumatico. Trasportato d’urgenza presso l’ospedale de L’Aquila e sottoposto a intervento chirurgico di evacuazione degli ematomi e decompressione osteodurale, decedeva il 26 dicembre 2017.
Un elemento di particolare rilevanza emerso dagli accertamenti ospedalieri è stato il riscontro dello stato di ebbrezza del pedone, con un tasso alcolemico di 2,65 g/l, circostanza che ha significativamente influenzato la valutazione della dinamica dell’incidente e la successiva ripartizione delle responsabilità.
I familiari della vittima (tre figli) e la convivente more uxorio hanno agito in giudizio per ottenere il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale. Il Tribunale di Sulmona, con sentenza n. 246/2022, ha inizialmente respinto la domanda ritenendo il sinistro ascrivibile esclusivamente alla condotta del pedone, definita imprevedibile e inevitabile per il conducente, decisione successivamente riformata in appello.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il quadro normativo di riferimento in materia di investimento di pedoni si incentra sulla complessa interazione tra l’art. 2054 c.c. e l’art. 1227 c.c.. La giurisprudenza di legittimità ha elaborato nel tempo un’interpretazione che bilancia la tutela del pedone, quale soggetto debole della circolazione stradale, con la necessità di una valutazione equa delle condotte di tutte le parti coinvolte.
L’art. 2054, primo comma, c.c. pone a carico del conducente una presunzione juris tantum di colpa. La Suprema Corte ha costantemente affermato che per superare tale presunzione il conducente deve fornire una rigorosa prova liberatoria, dimostrando che il pedone abbia tenuto una condotta del tutto anomala, tale da costituire un evento imprevedibile e inevitabile. Come chiarito dalla Cassazione nella sentenza n. 2241/2019, il giudice deve seguire un preciso iter valutativo: partire dall’assunto che la colpa del conducente sia presunta e pari al 100%, accertare in concreto la colpa del pedone, e solo successivamente ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta del conducente in base alle circostanze concrete che dimostrino la colpa del pedone.
Particolarmente significativo è l’orientamento della Cassazione (ord. 5627/2020) secondo cui il rapporto tra gli articoli 2054 e 1227 c.c. va interpretato attribuendo al conducente un obbligo rafforzato di prevenzione. La protezione del pedone, infatti, è affidata prevalentemente al conducente del veicolo, il quale può essere esonerato da responsabilità solo in presenza di comportamenti non semplicemente colposi, ma oggettivamente imprevedibili e inevitabili del pedone.
Quanto alla disciplina dell’attraversamento pedonale, l’art. 190 del Codice della Strada, ai commi 2 e 5, non vieta l’attraversamento in zone prive di strisce pedonali, ma impone specifiche cautele: l’attraversamento deve avvenire in senso perpendicolare alla strada, evitando situazioni di pericolo e dando la precedenza ai veicoli. La giurisprudenza ha chiarito che la violazione di tali prescrizioni da parte del pedone non è di per sé sufficiente ad escludere la responsabilità del conducente, potendo al massimo integrare un concorso di colpa.
Lo stato di ebbrezza del pedone rappresenta un elemento di particolare complessità nella valutazione del concorso di colpa. La Suprema Corte ha stabilito che tale condizione, pur rilevante, non determina automaticamente l’esclusione della responsabilità del conducente, dovendo essere valutata nel contesto complessivo della dinamica del sinistro e delle concrete possibilità di avvistamento e di manovra da parte del conducente.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
La Corte d’Appello dell’Aquila, con un’articolata motivazione, ha riformato la sentenza di primo grado riconoscendo un concorso di colpa paritario tra conducente e pedone. L’analisi della Corte si è sviluppata attraverso una rigorosa valutazione sia degli elementi probatori che dei principi giuridici applicabili.
Un primo aspetto cruciale ha riguardato il valore probatorio del verbale di polizia. La Corte, richiamando la consolidata giurisprudenza di legittimità, ha precisato che l’efficacia di piena prova fino a querela di falso del verbale sussiste solo per i fatti percepiti direttamente dai verbalizzanti, mentre non si estende ai giudizi valutativi espressi circa la dinamica del sinistro. Nel caso specifico, le valutazioni contenute nel verbale circa l’attraversamento “improvviso ed imprevedibile” del pedone e la “velocità sicuramente ridotta” del veicolo sono state considerate mere opinioni prive di efficacia probatoria privilegiata.
Di fondamentale importanza è stata la testimonianza dell’Ispettore di Polizia, presente al momento del sinistro. Il teste ha riferito di aver visto il pedone che, pur procedendo con andatura incerta, aveva attraversato “con andatura normale, non di corsa ma nemmeno troppo lento“. Questa circostanza ha assunto particolare rilievo nel convincimento della Corte circa l’assenza di quella totale imprevedibilità della condotta del pedone che avrebbe potuto escludere la responsabilità del conducente.
La Corte ha poi esaminato approfonditamente la condotta del conducente. Dalle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale è emerso che lo stesso aveva notato le automobili che rallentavano fino a fermarsi nella corsia opposta, circostanza che avrebbe dovuto aumentare il suo livello di attenzione. Inoltre, il fatto che l’impatto sia avvenuto al centro della corsia di marcia dimostra che il pedone aveva già percorso una significativa parte della carreggiata, rendendo la sua presenza tutt’altro che improvvisa e imprevedibile.
Quanto alla rilevanza dello stato di ebbrezza del pedone, la Corte ha operato un’attenta valutazione di questo elemento nel contesto complessivo. Il tasso alcolemico di 2,65 g/l ha certamente influito sulla capacità del pedone di valutare correttamente i rischi dell’attraversamento, configurando una sua significativa responsabilità. Tuttavia, tale stato non è stato ritenuto sufficiente ad escludere la responsabilità del conducente, non avendo questi dimostrato di aver fatto tutto il possibile per evitare l’impatto.
La Corte ha inoltre valorizzato altre circostanze rilevanti: l’orario serale, la scarsa illuminazione per il lampione non funzionante, l’abbigliamento scuro del pedone, l’assenza di strisce pedonali. Questi elementi hanno contribuito a delineare un quadro di responsabilità condivisa, dove tanto il conducente quanto il pedone hanno mancato di adottare tutte le cautele richieste dalla situazione.
Particolarmente significativo è il principio espresso dalla Corte secondo cui l’esposizione volontaria al rischio da parte del pedone integra una corresponsabilità del danneggiato in quanto costituisce un antecedente causale necessario dell’evento, in linea con il principio costituzionale di solidarietà sociale e con le esigenze di allocazione dei rischi nella circolazione stradale.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
Di particolare rilevanza sono i passaggi della motivazione in cui la Corte delinea i criteri per la valutazione del concorso di colpa. Di seguito le parti più significative: