Insidia stradale celata da vegetazione: il Comune di Lecce condannato a risarcire – Sentenza Tribunale di Lecce 2024

Insidia stradale celata da vegetazione: il Comune di Lecce condannato a risarcire – Sentenza Tribunale di Lecce 2024

Una tranquilla passeggiata si trasforma in un incubo quando un’insidiosa anomalia del marciapiede causa una rovinosa caduta. È questo lo scenario al centro di una recente sentenza del Tribunale di Lecce del 2024, che ha riacceso il dibattito sulla responsabilità degli enti locali nella manutenzione delle aree urbane. Fino a che punto si estende l’obbligo di custodia del Comune? E quali sono i limiti della responsabilità oggettiva ex art. 2051 c.c. in questi casi? La pronuncia offre spunti interessanti per riflettere sul delicato equilibrio tra i doveri dell’amministrazione e le legittime aspettative di sicurezza dei cittadini.

Indice

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda trae origine da un incidente occorso il 20 maggio 2020 a Lecce, intorno alle ore 10:40. Una signora stava percorrendo a piedi il marciapiede di Via Gaetano Argento, di fronte a un esercizio commerciale, quando improvvisamente incappava in un dislivello causato dall’assenza di una parte di un mattone della pavimentazione. A causa di questa insidia, la donna perdeva l’equilibrio e cadeva rovinosamente a terra.

La situazione di pericolo non era facilmente percepibile dal pedone, in quanto il dislivello risultava celato da vegetazione spontanea cresciuta sul marciapiede. Inoltre, la parte sottostante al pezzo di mattone mancante era dello stesso colore della pavimentazione, rendendo ancor più insidiosa l’anomalia.

Immediatamente dopo la caduta, la signora veniva soccorsa da due passanti che avevano assistito all’incidente. Vista la gravità della situazione, i soccorritori provvedevano a chiamare un’ambulanza del 118. Nel frattempo, si premuravano anche di scattare alcune fotografie sia alla vittima che al luogo dell’incidente, al fine di documentare l’accaduto.

Giunta l’ambulanza, la signora veniva trasportata al Pronto Soccorso dell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. Qui i sanitari diagnosticavano una “lussazione del gomito sinistro con fratture“, applicando un tutore gessato all’arto e prescrivendo una prognosi iniziale di 18 giorni.

Risultati vani i tentativi di comporre bonariamente la controversia in sede stragiudiziale, la signora si vedeva costretta ad adire le vie legali, citando in giudizio il Comune di Lecce per ottenere il risarcimento dei danni subiti. Con atto di citazione del 30 luglio 2021, l’attrice conveniva in giudizio l’ente locale dinanzi al Tribunale di Lecce, chiedendo l’accertamento della responsabilità ex art. 2051 c.c. del Comune nella causazione del sinistro e la conseguente condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali sofferti.

Il Comune di Lecce si costituiva in giudizio solo in un secondo momento, con comparsa di costituzione e risposta depositata il 28 aprile 2023, contestando integralmente la ricostruzione dei fatti operata dall’attrice e chiedendo il rigetto della domanda. In via subordinata, l’ente chiedeva l’accertamento di un concorso di colpa prevalente della danneggiata nella causazione dell’evento.

NORMATIVA E PRECEDENTI

La sentenza in esame si inserisce nel solco di un consolidato orientamento giurisprudenziale in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione per i danni cagionati da cose in custodia, con particolare riferimento alle strade e alle altre aree urbane di proprietà comunale.

Il fondamento normativo della responsabilità dell’ente locale va individuato nell’art. 2051 del codice civile, che disciplina appunto la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia. Tale norma prevede che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.

Si tratta di un’ipotesi di responsabilità oggettiva, che prescinde dall’accertamento della colpa del custode e si fonda sul mero rapporto di custodia tra il soggetto e la cosa che ha cagionato il danno. L’unica prova liberatoria ammessa è quella del caso fortuito, inteso come fattore esterno, imprevedibile e inevitabile, idoneo ad interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso.

Per lungo tempo, dottrina e giurisprudenza hanno dibattuto sull’applicabilità dell’art. 2051 c.c. alla Pubblica Amministrazione in relazione ai beni demaniali come le strade. L’orientamento più risalente tendeva ad escludere tale possibilità, ritenendo che l’estensione e l’uso diretto del bene da parte della collettività rendessero impossibile un effettivo potere di controllo da parte dell’ente.

Tuttavia, a partire dalla storica sentenza della Cassazione n. 15383/2006, si è affermato un diverso indirizzo interpretativo, oggi consolidato, secondo cui la natura demaniale del bene e la sua estensione non sono di per sé circostanze idonee ad escludere la configurabilità di un rapporto di custodia. Tali elementi vanno invece valutati caso per caso dal giudice, al fine di accertare se sussista o meno una concreta possibilità di controllo ed intervento da parte dell’ente.

Come affermato dalla recente Cassazione civile, sez. III, 13 maggio 2024, n. 12988, “L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ex art. 2051 c.c., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione, ravvisandosi il presupposto di operatività della fattispecie, consistente nella relazione di fatto tra un soggetto e la cosa, che si traduce nel potere effettivo di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con essa”.

Pertanto, l’esonero da responsabilità dell’ente richiede “una prova rigorosa in ordine alla concreta ed effettiva impossibilità di esercitare sul bene la “signoria di fatto sulla cosa”, da valutare con particolare e determinante riguardo alla natura e alla posizione dell’area teatro del sinistro” (Cass. civ., sez. III, 13/05/2024, n.12988).

Quanto all’onere probatorio, secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, “incombe al danneggiato allegare, dandone la prova, il rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità o meno o dalle caratteristiche intrinseche della prima” (Tribunale Milano sez. X, 11/10/2021, n.8138).

La deduzione di specifiche omissioni o violazioni di obblighi di legge da parte del custode rileva invece ai soli fini della diversa fattispecie di cui all’art. 2043 c.c., salvo che non sia finalizzata a dimostrare lo stato della cosa e la sua capacità di arrecare danno, al fine di provare il nesso causale.

Altro principio consolidato è quello per cui il concorso di colpa del danneggiato ex art. 1227 c.c. non assume rilievo nelle ipotesi in cui, sul piano causale, risulti provato il mancato adempimento da parte dell’amministrazione ai propri doveri di manutenzione e custodia, quando tale condotta omissiva abbia costituito l’occasione principale del sinistro.

Da ultimo, per quanto concerne la liquidazione del danno non patrimoniale, la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito la valenza nazionale delle Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, definendole un “criterio guida” cui il giudice di merito deve attenersi nella quantificazione equitativa del pregiudizio (cfr. Cass. civ., sez. III, ord. 8468/2020).

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sopra delineato, il Tribunale di Lecce ha accolto la domanda attorea, condannando il Comune al risarcimento dei danni subiti dalla signora.

In primo luogo, il giudice ha ritenuto pienamente provato sia l’effettivo verificarsi del sinistro, sia la sua causa, identificata nella presenza sul marciapiede di un dislivello dovuto all’assenza di una parte di un mattone della pavimentazione.

Valorizzando le risultanze istruttorie, ed in particolare la documentazione fotografica e le dichiarazioni testimoniali, il Tribunale ha evidenziato come tale dislivello fosse oggettivamente non visibile e non prevedibile, sia perché celato da vegetazione spontanea, sia perché la parte sottostante al pezzo di mattone mancante era dello stesso colore, così da trarre in inganno il pedone.

Il giudice ha quindi qualificato l’anomalia come una vera e propria insidia stradale, frutto di un evidente stato di incuria e conseguente pericolosità del marciapiede, tale da costituire un serio pericolo per i pedoni a prescindere dalla fascia oraria.

Quanto all’inquadramento giuridico della fattispecie, la sentenza ha ritenuto pacificamente applicabile l’art. 2051 c.c., richiamando i consolidati principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità oggettiva degli enti locali per i danni cagionati da cose in custodia.

Il Tribunale ha sottolineato come, nel caso di specie, l’amministrazione convenuta non abbia fornito alcuna valida prova circa l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere il nesso causale ed avente efficacia liberatoria. Non è stata dimostrata, in particolare, una concreta impossibilità di esercitare il potere di controllo e custodia sul bene.

Di conseguenza, accertata la piena responsabilità del Comune ex art. 2051 c.c., il giudice ha escluso la configurabilità di un concorso di colpa della danneggiata, ritenendo che il dislivello abbia costituito l’occasione principale ed assorbente dell’evento lesivo.

Per quanto concerne la liquidazione del danno, il Tribunale ha condiviso integralmente le valutazioni effettuate dal consulente tecnico d’ufficio, il quale ha accertato la sussistenza di postumi permanenti derivanti da “Esiti algico-disfunzionali conseguenti ad una lussazione completa del gomito sinistro con microfratture multiple del capitello radiale, trattata conservativamente”, quantificando il danno biologico nella misura dell’8%.

Applicando i parametri previsti dalle Tabelle di Milano, in conformità al costante orientamento della Cassazione, il giudice ha quindi liquidato il danno non patrimoniale in complessivi € 21.069,00. A tale importo il Tribunale ha aggiunto € 230,00 a titolo di rimborso delle spese mediche documentate, per un totale complessivo di € 21.299,00, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

In conclusione, la sentenza in esame offre un’interessante applicazione dei principi consolidati in tema di responsabilità degli enti locali per danni da insidie stradali. Il Tribunale di Lecce ha fatto corretta applicazione dell’art. 2051 c.c., valorizzando il carattere oggettivo di tale forma di responsabilità e l’onere per l’ente di fornire una rigorosa prova liberatoria.

La pronuncia si segnala, inoltre, per l’attenta valutazione delle circostanze concrete che hanno reso l’anomalia del marciapiede una vera e propria insidia non visibile né prevedibile, tale da escludere ogni profilo di colpa concorrente della danneggiata.

Infine, la sentenza offre un’utile ricognizione dei criteri di liquidazione del danno non patrimoniale, confermando l’utilizzo delle Tabelle milanesi quale parametro di riferimento a livello nazionale.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura dell’estratto della sentenza.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“Orbene, così compendiate le risultanze di prova in atti, a parere della scrivente, può, senza dubbio alcuno, ritenersi pienamente provato sia l’effettivo verificarsi del sinistro de quo, sia la causa dello stesso, identificabile nella presenza, sul marciapiede di Via Gaetano Argento, di fronte all’esercizio commerciale, nell’abitato di Lecce, di un dislivello dovuto all’assenza di una parte di un mattone che costituiva la pavimentazione.

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