Finanziamento a SAL e usura: criteri di valutazione del tasso soglia – Sentenza Tribunale di Lecce 2024

Finanziamento a SAL e usura: criteri di valutazione del tasso soglia – Sentenza Tribunale di Lecce 2024

Nel panorama giuridico italiano, la questione dell’usura nei contratti di finanziamento continua a suscitare dibattiti e interpretazioni contrastanti. Una recente sentenza del Tribunale di Lecce del 2024 getta nuova luce su questo tema, affrontando il delicato caso di un finanziamento a stato avanzamento lavori (SAL) e la sua corretta classificazione ai fini del calcolo del tasso soglia. La decisione solleva interrogativi cruciali: come si determina il confine tra un legittimo tasso d’interesse e l’usura in queste particolari forme di finanziamento? Quali criteri dovrebbero guidare l’interprete nella valutazione di operazioni finanziarie complesse? L’analisi di questa sentenza offre spunti preziosi per professionisti del settore, imprenditori e giuristi, gettando le basi per una comprensione più approfondita delle dinamiche che regolano il mercato del credito in Italia.

INDICE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria in esame trae origine da un contratto di mutuo fondiario stipulato il 7 agosto 2013 tra una società e un istituto di credito. L’accordo prevedeva la concessione di un finanziamento di € 1.050.000,00, da erogarsi in più tranches correlate allo stato di avanzamento dei lavori (SAL) di un cantiere edilizio. Le condizioni contrattuali stabilivano un tasso di interesse composto da una quota fissa nominale annua del 6,50% e una quota variabile pari all’Euribor a sei mesi, che alla stipula era dello 0,34% annuo, risultando in un tasso complessivo del 6,84%.

Il contratto prevedeva inoltre che i lavori dovessero essere ultimati entro il 31 dicembre 2014, con un termine di 180 giorni per la messa in ammortamento delle erogazioni effettuate. A garanzia del finanziamento, la società mutuataria aveva concesso un’ipoteca di primo grado su un terreno di sua proprietà, dove era prevista la realizzazione del complesso residenziale. Inoltre, l’amministratore unico della società e un altro soggetto avevano rilasciato garanzie fideiussorie personali.

Nel corso del tempo, l’istituto di credito aveva erogato tre tranches del finanziamento: € 246.000,00 il 18 settembre 2013, € 140.000,00 il 14 novembre 2013 e € 50.000,00 il 26 marzo 2014, per un totale di € 436.000,00. Tuttavia, a partire dal 30 giugno 2017, la società finanziata e i suoi fideiussori avevano smesso di corrispondere le rate semestrali previste per la liquidazione degli interessi corrispettivi sulle somme erogate.

Di fronte a questa situazione di inadempimento, l’istituto di credito aveva inviato diversi solleciti di pagamento, che erano rimasti infruttuosi. La banca sosteneva che il tasso di mora previsto in contratto, pari all’8,84%, fosse ben al di sotto del tasso soglia usurario del 10,70% e che il tasso corrispettivo del 6,84% fosse anch’esso entro i limiti legali.

La controversia si è ulteriormente complicata con la cessione del credito da parte dell’istituto bancario originario a una società specializzata nel recupero crediti. Quest’ultima è intervenuta nel procedimento, surrogandosi nelle ragioni di credito della banca cedente.

La società mutuataria, insieme ai fideiussori, ha quindi citato in giudizio l’istituto di credito, chiedendo l’accertamento della nullità o annullabilità del contratto di mutuo per violazione della normativa antiusura. In particolare, gli attori contestavano la correttezza del calcolo degli interessi applicati, sostenendo che erano stati superati i tassi soglia previsti dalla legge.

La banca, dal canto suo, si è costituita in giudizio respingendo tutte le accuse e chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna degli attori al pagamento della somma di € 543.553,07, corrispondente al capitale erogato mai restituito (€ 436.000,00) più gli interessi maturati sulle rate di preammortamento non pagate.

Il Tribunale si è quindi trovato a dover dirimere una complessa questione giuridica, che coinvolgeva non solo l’interpretazione della normativa antiusura, ma anche la corretta classificazione del contratto di finanziamento ai fini del calcolo del tasso soglia applicabile.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce nel complesso quadro normativo e giurisprudenziale relativo all’usura nei contratti di finanziamento. Il punto di partenza è rappresentato dalla Legge n. 108 del 1996, che ha introdotto il concetto di “tasso soglia” oltre il quale gli interessi sono considerati usurari.

L’art. 644 del Codice Penale, come modificato dalla suddetta legge, stabilisce che sono usurari gli interessi che superano il tasso soglia determinato in base alle rilevazioni trimestrali effettuate dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. Queste rilevazioni, effettuate sentita la Banca d’Italia, portano alla pubblicazione dei Tassi Effettivi Globali Medi (TEGM) per categorie omogenee di operazioni.

Un punto cruciale della normativa, richiamato nella sentenza, è l’art. 2, comma 2, della Legge 108/1996, che prevede che la classificazione delle operazioni per categorie omogenee tenga conto “della natura, dell’oggetto, dell’importo, della durata, dei rischi e delle garanzie” delle operazioni stesse.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha fornito nel tempo importanti interpretazioni di questa normativa. In particolare, la sentenza n. 22380/2019 della Suprema Corte aveva stabilito che, in caso di dubbio sulla categoria di appartenenza di un’operazione finanziaria, si dovessero considerare i profili di omogeneità rispetto alle diverse tipologie previste dai decreti ministeriali, dando particolare rilievo ai parametri indicati dall’art. 2, comma 2, della Legge 108/1996.

Tuttavia, il Tribunale di Lecce ha ritenuto di discostarsi da questa interpretazione, basandosi su una serie di considerazioni tecniche e pratiche relative alla natura specifica dei finanziamenti a SAL.

Per quanto riguarda la distinzione tra mutuo e finanziamento, il Tribunale ha fatto riferimento a consolidati orientamenti giurisprudenziali. In particolare, le sentenze della Cassazione n. 7116/1998 e n. 10569/2007 hanno chiarito che il mutuo è un contratto reale che si perfeziona con la consegna del denaro, mentre il finanziamento (o mutuo di scopo) è un contratto consensuale in cui la consegna della somma rappresenta l’esecuzione dell’obbligazione principale.

Sulla questione degli interessi moratori, il Tribunale ha richiamato l’importante pronuncia delle Sezioni Unite della Cassazione n. 19597/2020, che ha stabilito che gli interessi di mora sono esclusi dal calcolo del TEGM e che la soglia di usura per questi interessi deve essere calcolata aggiungendo 2,1 punti percentuali al TEGM.

Il Tribunale ha anche fatto riferimento alle Istruzioni per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi emanate dalla Banca d’Italia, che escludono dal calcolo del TEG gli interessi di mora e altri oneri assimilabili previsti per il caso di inadempimento.

Per quanto riguarda l’onere della prova nell’inadempimento contrattuale, il Tribunale ha richiamato la fondamentale sentenza delle Sezioni Unite n. 13533/2001, che ha stabilito il principio secondo cui il creditore deve provare solo la fonte del suo diritto e il termine di scadenza, mentre spetta al debitore l’onere di provare l’avvenuto adempimento.

Infine, il Tribunale ha dovuto affrontare la questione della successione nel diritto controverso, regolata dall’art. 111 del Codice di Procedura Civile, in relazione all’intervento della società cessionaria del credito.

Questa complessa rete di norme e precedenti giurisprudenziali ha fornito il quadro di riferimento all’interno del quale il Tribunale di Lecce ha dovuto navigare per giungere alla sua decisione, cercando di bilanciare la tutela del debitore contro pratiche usurarie con la necessità di non ostacolare indebitamente l’attività di finanziamento, fondamentale per l’economia.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Lecce, dopo un’attenta analisi dei fatti e del quadro normativo, ha respinto le domande degli attori e accolto la domanda riconvenzionale della banca convenuta. La decisione si basa su una serie di considerazioni che meritano un’analisi approfondita.

In primo luogo, il Tribunale ha affrontato la questione cruciale della classificazione del contratto ai fini del calcolo del tasso soglia usurario. Contrariamente a quanto sostenuto dagli attori, il giudice ha ritenuto che l’operazione in questione non fosse un semplice mutuo con garanzia reale, ma un finanziamento a stato avanzamento lavori (SAL). Questa distinzione è fondamentale, in quanto comporta l’applicazione di una diversa categoria di operazioni per la determinazione del tasso soglia, nello specifico quella degli “Altri finanziamenti alle famiglie e alle imprese“.

Il Tribunale ha motivato questa scelta sottolineando le peculiarità dei finanziamenti a SAL rispetto ai mutui tradizionali. In particolare, ha evidenziato che in questi contratti l’intermediario assume un rischio maggiore, che giustifica l’applicazione di tassi di interesse più elevati. Questo rischio deriva dal fatto che l’erogazione del finanziamento avviene gradualmente, in base all’avanzamento dei lavori, e che la garanzia reale (in questo caso, l’ipoteca sul terreno) ha inizialmente un valore di mercato limitato, che cresce solo con il progressivo completamento dell’opera.

Un aspetto interessante della decisione è il discostarsi del Tribunale da un recente orientamento della Corte di Cassazione (sentenza n. 22380/2019), che suggeriva di equiparare i finanziamenti a SAL con garanzia ipotecaria ai mutui con garanzia reale ai fini del calcolo del tasso soglia. Il giudice di Lecce ha ritenuto che questa interpretazione non tenesse adeguatamente conto delle specificità dei finanziamenti a SAL e potesse portare a una violazione del principio di simmetria tra il TEGM rilevato trimestralmente e il TEG della singola operazione.

Per quanto riguarda gli interessi moratori, il Tribunale ha seguito l’orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 19597/2020), confermando che questi non devono essere sommati agli interessi corrispettivi ai fini della verifica del superamento del tasso soglia. Ha inoltre ritenuto che il tasso di mora previsto nel contratto (8,84%) fosse legittimo, in quanto inferiore al tasso soglia calcolato secondo i criteri stabiliti dalla giurisprudenza.

Un elemento chiave nella decisione è stato il ruolo della consulenza tecnica d’ufficio (CTU). Il perito nominato dal Tribunale ha confermato che il Tasso Annuo Effettivo Globale (TAEG) dell’operazione si attestava al 7,148%, ben al di sotto del tasso soglia usura dell’8,60%. Inoltre, la CTU ha verificato che non vi era stato alcun superamento del tasso soglia di mora. Queste conclusioni tecniche hanno fornito un solido supporto alla decisione del giudice.

Il Tribunale ha anche affrontato la questione dell’onere della prova, applicando il principio stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 13533/2001). Ha ritenuto che la banca avesse adeguatamente provato la fonte del suo diritto producendo il contratto di mutuo e gli atti di erogazione parziale, mentre gli attori non avevano fornito prove di fatti modificativi o estintivi del diritto di credito.

In conclusione, il Tribunale ha respinto le domande degli attori e accolto la domanda riconvenzionale della banca, condannando gli attori, in solido, al pagamento della somma di € 543.553,07, oltre agli interessi convenzionali maturati successivamente al 20/05/2021.

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione per gli operatori del settore bancario e finanziario, nonché per i professionisti legali che si occupano di contenzioso in materia di usura. In particolare, sottolinea l’importanza di una corretta classificazione delle operazioni finanziarie ai fini del calcolo del tasso soglia, tenendo conto delle loro specifiche caratteristiche e dei rischi ad esse associati. Inoltre, ribadisce la necessità di un’analisi tecnica approfondita per verificare l’eventuale natura usuraria degli interessi applicati.

La decisione del Tribunale di Lecce, discostandosi in parte da recenti orientamenti della Cassazione, potrebbe contribuire a un dibattito giurisprudenziale più ampio sulla corretta interpretazione della normativa antiusura in relazione a forme di finanziamento complesse come i SAL. Resta da vedere se questa interpretazione troverà conferma in eventuali gradi successivi di giudizio o se influenzerà future pronunce di altri tribunali su casi simili.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura dell’estratto della sentenza.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

Ritiene, difatti, il Tribunale che la categoria di operazioni sotto la quale sussumere il contratto stipulato dalle parti sia quella di “Altri finanziamenti alle famiglie e alle imprese”: ed invero non si tratta di un semplice mutuo con garanzia reale, ma di un finanziamento a SAL.

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