Fideiussioni omnibus e nullità antitrust: il Tribunale di Milano respinge l’eccezione di giudicato, riafferma la rilevabilità d’ufficio e ammette l’azione di nullità anche dopo decreto ingiuntivo definitivo

Una recente sentenza del Tribunale di Milano del 2024 ha riportato all’attenzione degli operatori del diritto un principio fondamentale in materia di nullità rilevabili d’ufficio: l’impossibilità di formazione di preclusioni processuali o giudicati impliciti. Il caso, che verteva sulla presunta nullità di un contratto di fideiussione omnibus per violazione della normativa antitrust, solleva una questione cruciale: fino a che punto un precedente provvedimento giudiziale può precludere la possibilità di far valere la nullità di un contratto in un successivo giudizio? La decisione del Tribunale offre importanti spunti di riflessione sul delicato equilibrio tra certezza del diritto e tutela dell’ordine pubblico economico.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE:

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI

Il caso in esame trae origine da un’azione legale intentata da un fideiussore contro una banca italiana. L’attore aveva sottoscritto in data 5 agosto 2010 un contratto di fideiussione omnibus a favore dell’istituto di credito convenuto, a garanzia delle obbligazioni assunte da una società debitrice principale.

Successivamente, il fideiussore ha citato in giudizio la banca davanti al Tribunale di Milano, chiedendo che venisse accertata e dichiarata la nullità totale della fideiussione per violazione dell’art. 2, comma 2, lett. a) della Legge n. 287/1990 (c.d. Legge Antitrust) e/o ai sensi dell’art. 1419 c.c. In via subordinata, l’attore ha richiesto la declaratoria di nullità parziale, limitatamente alle clausole di reviviscenza, di rinuncia ai termini ex art. 1957 c.c. e di sopravvivenza della fideiussione.

Un elemento cruciale della vicenda processuale è rappresentato dall’eccezione preliminare sollevata dalla banca convenuta. L’istituto di credito ha eccepito l’inammissibilità della domanda per contrarietà a giudicato, avendo già ottenuto in precedenza un decreto ingiuntivo definitivo nei confronti del fideiussore. In particolare, la banca aveva ottenuto in data 2 luglio 2015 il decreto ingiuntivo n. 1114/2015, emesso dal Tribunale di Pordenone nei confronti della debitrice principale (successivamente fallita) e dei suoi fideiussori, tra cui l’odierno attore. Tale decreto, notificato il 21 luglio 2015, non era stato opposto dal fideiussore, divenendo definitivo nei suoi confronti il 30 novembre 2015.

Questa circostanza ha posto il Tribunale di fronte alla necessità di affrontare una questione preliminare di fondamentale importanza: se la mancata opposizione al decreto ingiuntivo potesse precludere la possibilità di far valere successivamente la nullità del contratto di fideiussione in un separato giudizio.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il quadro normativo di riferimento per la questione in esame è costituito principalmente dagli articoli 1418 e seguenti del codice civile in materia di nullità del contratto, nonché dall’art. 2 della Legge n. 287/1990 (Legge Antitrust), che vieta le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza.

Sul piano processuale, assumono rilevanza l’art. 345 c.p.c. in materia di eccezioni nuove in appello e l’art. 2909 c.c. sull’autorità del giudicato.

La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha elaborato nel corso degli anni importanti principi in materia di nullità rilevabili d’ufficio e di formazione del giudicato. In particolare, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 26242 del 12 dicembre 2014, hanno affermato il principio secondo cui il giudice ha il potere-dovere di rilevare d’ufficio la nullità del contratto, anche in presenza di domanda di risoluzione, annullamento o rescissione dello stesso.

Con specifico riferimento alla questione delle nullità derivanti da violazione della normativa antitrust, la Cassazione ha stabilito, con la sentenza n. 29810 del 12 dicembre 2017, che la nullità può estendersi anche ai contratti “a valle” stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa distorsiva della concorrenza, in quanto applicazione delle intese illecite concluse “a monte”.

Un precedente particolarmente rilevante per il caso in esame è rappresentato dalla sentenza della Cassazione n. 4175 del 2020. In tale pronuncia, la Suprema Corte ha affermato che, in materia di nullità rilevabili d’ufficio, non possono maturare preclusioni o giudicati impliciti. Di conseguenza, il potere di rilievo officioso della nullità del contratto per violazione delle norme sulla concorrenza spetta al giudice investito del gravame relativo a una controversia sul riconoscimento di una pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Milano, nella sentenza in esame, ha affrontato in via preliminare l’eccezione di inammissibilità della domanda per contrarietà a giudicato sollevata dalla banca convenuta. Il Collegio ha ritenuto tale eccezione infondata, riaffermando il principio secondo cui non possono maturare preclusioni o giudicati impliciti in materia di nullità rilevabili d’ufficio.

La motivazione del Tribunale si basa su una consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha esteso questo principio anche alle nullità derivanti dalla violazione della normativa antitrust. Il Collegio ha sottolineato che, nel caso di specie, è circostanza pacifica che contro il decreto ingiuntivo parte attrice non abbia proposto alcuna opposizione. Di conseguenza, non è mai stata valutata la questione relativa alla nullità del contratto di fideiussione omnibus a valle o delle singole clausole, attuativo di una intesa posta in essere tra imprese per ledere la libera concorrenza.

Il Tribunale ha quindi concluso che, in difetto di una precedente valutazione sulla nullità, è possibile per la parte che si ritiene lesa agire in un separato giudizio proponendo una domanda di nullità del contratto o delle singole clausole. Tale eccezione, peraltro, è rilevabile anche d’ufficio e può essere sollevata in un giudizio d’appello, ex art. 345, comma 2, c.p.c., nonché potenzialmente anche nel giudizio davanti alla Suprema Corte.

Questa decisione del Tribunale di Milano si inserisce nel solco di un orientamento giurisprudenziale che mira a garantire un’effettiva tutela dell’ordine pubblico economico, anche a costo di sacrificare in parte la certezza del diritto derivante dall’autorità del giudicato. La ratio di tale orientamento risiede nella considerazione che le nullità per violazione di norme imperative, in particolare quelle poste a tutela della concorrenza, trascendono l’interesse delle singole parti e coinvolgono interessi generali dell’ordinamento.

La sentenza in esame ribadisce quindi l’importanza del potere-dovere del giudice di rilevare d’ufficio la nullità del contratto, anche in presenza di precedenti provvedimenti giudiziali che sembrerebbero presupporre la validità del contratto stesso. Questo principio assume particolare rilevanza nel contesto delle fideiussioni omnibus, dove l’eventuale nullità derivante da intese anticoncorrenziali può emergere anche a distanza di tempo dalla stipula del contratto e dall’emissione di provvedimenti giudiziali basati su di esso.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

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