Fideiussione bancaria: la qualifica di consumatore è autonoma dal rapporto principale – La svolta del Tribunale di Catania 2024

La sentenza del Tribunale di Catania del 2024 affronta una questione di particolare rilevanza nell’ambito del diritto bancario e della tutela del consumatore, intervenendo sul dibattuto tema della validità delle clausole derogatorie contenute nei contratti di fideiussione bancaria stipulati in forma pubblica.

La pronuncia si inserisce nel solco della più recente giurisprudenza di legittimità e della Corte di Giustizia UE in materia di tutela del consumatore-fideiussore, offrendo un’interpretazione evolutiva della disciplina consumeristica in materia di garanzie personali. Il caso in esame riveste particolare interesse per gli operatori del settore bancario, gli avvocati specializzati e i consumatori, poiché stabilisce che la mera forma pubblica dell’atto non è sufficiente ad escludere la natura vessatoria delle clausole in assenza di prova dell’effettiva trattativa individuale.

Di peculiare rilievo è l’affermazione del principio secondo cui la qualifica di consumatore del fideiussore prescinde da quella del debitore principale, con importanti ricadute sulla validità delle clausole standard inserite nei contratti bancari. La decisione si segnala inoltre per l’innovativa interpretazione del rapporto tra forma pubblica e vessatorietà, stabilendo che nemmeno l’intervento del notaio può sanare l’assenza di una effettiva negoziazione delle clausole derogatorie.

La sentenza fornisce dunque preziose indicazioni operative per il settore bancario, i professionisti e i consumatori, delineando con chiarezza i limiti della tutela consumeristica nell’ambito delle garanzie personali.

RICHIEDI UNA CONSULENZA ⬅️ Avv. Cosimo Montinaro – Tel. 0832/1827251 – e-mail segreteria@studiomontinaro.it➡️

INDICE

  • ESPOSIZIONE DEI FATTI
  • NORMATIVA E PRECEDENTI
  • DECISIONE DEL CASO E ANALISI
  • ESTRATTO DELLA SENTENZA
  • SCARICA LA SENTENZA ⬇️

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda processuale in esame trae origine da un contratto di mutuo fondiario stipulato in data 22.11.2007 tra la parte mutuataria e il Banco di Sicilia S.p.A., per un importo di € 168.000,00, assistito da fideiussione prestata fino alla concorrenza dell’importo di € 248.640,00. La garanzia fideiussoria si caratterizzava per la presenza di una specifica clausola derogatoria rispetto al termine di cui all’art. 1957 c.c., mediante la quale i fideiussori rinunciavano espressamente al beneficio temporale ivi contemplato.

Di particolare rilevanza, ai fini della disamina della fattispecie, è la circostanza che il rapporto contrattuale risultava strutturato secondo il seguente schema negoziale:

  • La somma mutuata, pari a € 168.000,00, veniva formalmente erogata alla parte mutuataria, che ne rilasciava contestuale quietanza (art. 1 del contratto);
  • Contestualmente, la medesima somma veniva riconsegnata alla parte mutuante per essere costituita in deposito cauzionale infruttifero a garanzia dell’adempimento degli obblighi posti a carico della parte mutuataria;
  • Il contratto prevedeva che tale somma sarebbe stata svincolata dopo l’adempimento dei predetti obblighi (art. 1 bis);
  • L’art. 2 disciplinava i termini e le modalità del rimborso, stabilendo che l’ammortamento avrebbe avuto decorrenza dall’1.12.2007.

La struttura negoziale si completava con la prestazione della garanzia fideiussoria, nell’ambito della quale assumeva particolare rilevanza la clausola di deroga al regime ordinario dell’art. 1957 c.c., inserita nell’art. 5 bis del contratto. Tale disposizione prevedeva espressamente che i fideiussori rinunciassero “al beneficio della preventiva escussione fino alla totale estinzione del credito” e derogassero “espressamente alle disposizioni di cui agli artt. 1939, 1945, 1955 codice civile, dispensando inoltre il Banco di Sicilia Spa dall’osservanza del termine di cui all’art. 1957 c.c.“.

Il quadro fattuale si è ulteriormente articolato a seguito dell’inadempimento della debitrice principale alle obbligazioni derivanti dal mutuo, verificatosi nel 2008. Tale circostanza ha determinato l’attivazione, nel 2012, di un’azione esecutiva da parte della banca cessionaria del credito nei confronti dei fideiussori. Questi ultimi hanno reagito proponendo opposizione all’esecuzione, articolando diverse censure tra cui, in particolare, la vessatorietà della clausola di deroga all’art. 1957 c.c. e la conseguente decadenza della banca dal diritto di agire nei loro confronti.

Di peculiare rilievo è la circostanza che l’opposizione si fondava sulla qualifica di consumatore di uno dei fideiussori, elemento questo che ha assunto centralità nella successiva disamina giuridica della controversia. Tale qualificazione soggettiva, infatti, ha costituito il presupposto per l’applicazione della disciplina consumeristica e per la conseguente valutazione della vessatorietà delle clausole derogatorie.

La ricostruzione cronologica degli eventi evidenzia quindi un significativo iato temporale tra l’inadempimento del debitore principale (2008) e l’attivazione dell’azione esecutiva (2012), circostanza questa che ha assunto particolare rilevanza in relazione alla disciplina dell’art. 1957 c.c. e alla validità della relativa clausola derogatoria.

Il contesto negoziale complessivo si caratterizza dunque per la presenza di elementi tipici della contrattualistica bancaria standardizzata, con particolare riferimento alle clausole di garanzia e alle relative deroghe al regime ordinario, inserite in un contesto formale di particolare solennità, essendo il contratto stipulato per atto pubblico.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il quadro normativo e giurisprudenziale che fa da sfondo alla pronuncia in esame si caratterizza per una particolare complessità, derivante dall’intersezione tra la disciplina codicistica delle garanzie personali e la normativa consumeristica di derivazione europea.

In primo luogo, assume centrale rilevanza l’art. 1957 del codice civile, il quale, nel suo primo comma, prescrive che “il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell’obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate“. Tale disposizione configura un termine di decadenza che risponde all’esigenza di tutelare il fideiussore dall’inerzia del creditore, imponendo a quest’ultimo un onere di tempestiva attivazione nei confronti del debitore principale.

Di particolare momento è la natura della norma e la sua derogabilità. La giurisprudenza di legittimità ha costantemente qualificato l’art. 1957 c.c. come norma dispositiva, ammettendone in linea di principio la derogabilità attraverso specifiche pattuizioni negoziali (Cass. civ., Sez. III, 11 marzo 2019, n. 6927; Cass. civ., Sez. I, 15 gennaio 2020, n. 521).

Tale inquadramento si interseca con la disciplina consumeristica contenuta nel D.Lgs. n. 206/2005 (Codice del Consumo), con particolare riferimento agli artt. 33 e 36. L’art. 33, comma 2, lett. t), considera vessatorie fino a prova contraria le clausole che abbiano per oggetto o per effetto “sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi“.

Di fondamentale importanza è l’evoluzione della giurisprudenza europea in materia di qualificazione soggettiva del fideiussore. Le sentenze della Corte di Giustizia UE C-74/15 del 19.10.2015 e C-534/15 del 14.9.2016 hanno delineato i criteri per l’individuazione della figura del consumatore-fideiussore, stabilendo che tale qualifica prescinde dalla natura del rapporto garantito e deve essere valutata in relazione alla specifica posizione del garante.

Tale orientamento è stato recepito dalla giurisprudenza di legittimità nazionale, culminando nella pronuncia delle Sezioni Unite (Ordinanza n. 5868 del 27.2.2023), che ha definitivamente stabilito che si considera consumatore “il fideiussore persona fisica che stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla propria attività professionale“.

Di particolare rilievo è anche il filone giurisprudenziale relativo al rapporto tra forma pubblica e vessatorietà. La Suprema Corte (Cass. civ., Sez. III, ordinanza n. 27558 del 28.9.2023) ha chiarito che la mera sottoscrizione dell’atto pubblico non è sufficiente ad escludere la natura vessatoria delle clausole in esso contenute, essendo necessaria la prova dell’effettiva trattativa individuale.

Il quadro si completa con i più recenti orientamenti della Suprema Corte in materia di onere della prova della trattativa individuale (Cass., Sez. 3, ordinanza n. 4140 del 14.2.2024), che hanno ribadito come tale onere gravi sul professionista, anche nel caso di contratti stipulati per atto pubblico.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

L’iter argomentativo seguito dal Tribunale di Catania nella sentenza in esame si caratterizza per una rigorosa analisi dei profili giuridici rilevanti, articolata secondo una triplice direttrice.

In primis, il Collegio affronta la questione della qualificazione soggettiva del fideiussore. Richiamando la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE (segnatamente, le sentenze C-74/15 del 19.10.2015 e C-534/15 del 14.9.2016), nonché il recente orientamento delle Sezioni Unite (Ordinanza n. 5868 del 27.2.2023), il Tribunale aderisce al principio secondo cui la qualifica di consumatore del fideiussore deve essere valutata autonomamente rispetto alla posizione del debitore principale.

Di particolare momento è l’analisi condotta in ordine alla prova della qualità professionale del fideiussore. Il Tribunale rileva come, nel caso di specie, l’opposta non abbia fornito adeguata dimostrazione del collegamento tra l’accensione del mutuo e presunte esigenze di liquidità dell’attività imprenditoriale. In particolare, viene evidenziata l’assenza di documentazione societaria idonea a comprovare eventuali ruoli amministrativi del fideiussore, nonché la mancata produzione di elementi probatori circa lo scopo dei precedenti finanziamenti.

Il secondo profilo di analisi concerne il rapporto tra forma pubblica e vessatorietà delle clausole contrattuali. Sul punto, il Tribunale sviluppa un’articolata motivazione che si pone in linea con il più recente orientamento della Suprema Corte (Cass. civ., Sez. III, ordinanza n. 27558 del 28.9.2023). In particolare, viene affermato il principio secondo cui la mera sottoscrizione dell’atto pubblico non è sufficiente ad escludere la natura vessatoria delle clausole in esso contenute, risultando necessaria la prova dell’effettiva trattativa individuale.

Tale principio viene calato nel caso concreto attraverso una puntuale disamina della clausola derogatoria all’art. 1957 c.c.. Il Tribunale osserva come, nonostante la solennità della forma pubblica, non sia stata fornita prova dell’esistenza di una specifica negoziazione su tale clausola, circostanza questa che ne determina la vessatorietà ai sensi dell‘art. 33, comma 2, lett. t) del Codice del Consumo.

Il terzo e decisivo passaggio logico-giuridico attiene alle conseguenze della declaratoria di vessatorietà. Il Collegio, rilevato che l’inadempimento della debitrice principale risaliva al 2008 mentre l’azione esecutiva era stata avviata nel 2012, dichiara la decadenza della banca dal diritto di agire nei confronti del fideiussore, essendo stato ampiamente superato il termine semestrale previsto dall’art. 1957 c.c..

Di particolare rilievo è la precisazione secondo cui tale decadenza opera quale conseguenza diretta della nullità della clausola derogatoria, nullità che, ai sensi dell’art. 36 del Codice del Consumo, determina la reviviscenza della disciplina ordinaria prevista dall’art. 1957 c.c..

La ratio decidendi si fonda dunque su un’interpretazione sistematica che coniuga i principi di diritto interno con la normativa europea di protezione del consumatore, offrendo una lettura evolutiva dell’istituto della fideiussione bancaria alla luce della disciplina consumeristica.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

La pronuncia del Tribunale di Catania merita particolare attenzione per la sua articolata motivazione, che affronta in modo sistematico e rigoroso le questioni giuridiche sottese alla controversia. Di seguito si riporta l’estratto più significativo della sentenza, con particolare riferimento ai passaggi che hanno definito i principi cardine in materia di fideiussione bancaria e tutela del consumatore.

“Risulta ormai superata la concezione in virtù della quale la qualità del debitore principale attrae quella del fideiussore. Sulla scorta della giurisprudenza europea (in particolare CGUE, C-74/15 del 19.10.2015 e C-534/15, del 14.9.2016), infatti, la Corte di Cassazione ha ormai affermato che si ritiene consumatore il fideiussore persona fisica che, pur svolgendo una propria attività professionale, stipuli il contratto di garanzia per finalità estranee alla stessa, nel senso che la prestazione della fideiussione non deve costituire atto espressivo di tale attività, né essere strettamente funzionale al suo svolgimento.

La mera stipulazione per atto pubblico non è di per sé sufficiente ad escludere la natura vessatoria delle clausole derogatorie, essendo necessaria la prova dell’effettiva trattativa individuale. Nel caso di specie, l’opposta non ha fornito alcuna dimostrazione dell’esistenza di una specifica negoziazione sulla clausola di deroga all’art. 1957 c.c., limitandosi a invocare la forma pubblica dell’atto.

Torna in alto
📚 🔍
🔍
Share to...