Esclusione beni personali da comunione legale: criteri e onere della prova, Corte Appello Venezia 2021

La comunione legale dei beni tra coniugi è un istituto giuridico che spesso solleva questioni interpretative complesse, soprattutto quando si tratta di definire quali beni ne siano esclusi in quanto personali. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Venezia del 2021 offre importanti chiarimenti su questo tema, affrontando il caso di due coniugi in disaccordo sulla divisione del patrimonio comune dopo lo scioglimento del matrimonio. La decisione solleva un interrogativo cruciale: quali criteri devono essere adottati per determinare se un bene rientra nella comunione legale o ne è escluso in quanto personale? La risposta a questa domanda ha rilevanti conseguenze pratiche per molte coppie che si trovano ad affrontare una separazione o un divorzio.

Per una consulenza personalizzata su questioni di diritto di famiglia, contatta l’Avv. Cosimo Montinaro – Tel. 0832/1827251 – e-mail segreteria@studiomontinaro.it

Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria in esame trae origine da una controversia tra due ex coniugi riguardo la divisione dei beni in seguito allo scioglimento della comunione legale. Il matrimonio era stato celebrato nel 1987 e i coniugi si erano separati giudizialmente nel 2010, con sentenza passata in giudicato il 20 maggio dello stesso anno.

La moglie aveva convenuto in giudizio il marito chiedendo lo scioglimento della comunione legale e la divisione dei beni comuni. In particolare, oggetto di contestazione erano: la casa coniugale, costruita negli anni ’90 su un terreno di proprietà esclusiva del marito; i mobili e gli arredi della casa; un’autovettura Toyota Avensis acquistata nel 2007; due polizze assicurative intestate al marito; i saldi attivi di due conti correnti intestati sempre al marito.

La moglie sosteneva che tutti questi beni, essendo stati acquistati in costanza di matrimonio, dovessero rientrare nella comunione legale e quindi essere divisi in parti uguali tra i coniugi. Inoltre, chiedeva il riconoscimento di un credito pari alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati per la costruzione della casa coniugale, nonché la restituzione di due somme di denaro (11 milioni di lire e 28 milioni di lire) che affermava di aver versato sul conto corrente cointestato e che sosteneva essere state utilizzate per la costruzione dell’immobile.

Il marito, dal canto suo, contestava tutte le richieste della moglie. In particolare, sosteneva che la cucina e l’autovettura fossero beni personali in quanto acquistati con denaro donatogli dai genitori. Riguardo alle polizze assicurative e ai saldi dei conti correnti, affermava che derivassero da reinvestimenti di titoli obbligazionari ricevuti in donazione dai genitori, e quindi fossero anch’essi beni personali esclusi dalla comunione. Infine, negava che le somme versate dalla moglie sul conto comune fossero state utilizzate per la costruzione della casa.

In primo grado, il Tribunale di Treviso aveva accolto solo in parte le domande della moglie, riconoscendo come beni della comunione i mobili, l’autovettura, le polizze e i saldi dei conti correnti, per un valore complessivo di circa 61.000 euro. Aveva invece respinto la richiesta di riconoscimento del credito per la costruzione della casa e aveva condannato il marito a restituire alla moglie solo la somma di 5.681 euro (corrispondente agli 11 milioni di lire), ritenendola un bene personale di quest’ultima.

Entrambi i coniugi hanno impugnato la sentenza di primo grado dinanzi alla Corte d’Appello di Venezia, dando origine al procedimento in esame.

NORMATIVA E PRECEDENTI

La sentenza della Corte d’Appello di Venezia si fonda su un’attenta analisi della normativa in materia di comunione legale dei beni tra coniugi e dei relativi orientamenti giurisprudenziali consolidati.

Il punto di partenza normativo è rappresentato dall’articolo 177 del Codice Civile, che definisce l’oggetto della comunione legale. In particolare, la lettera a) del primo comma stabilisce che costituiscono oggetto della comunione “gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, ad esclusione di quelli relativi ai beni personali“. Questa disposizione introduce il principio generale secondo cui tutti i beni acquistati durante il matrimonio ricadono nella comunione, salvo eccezioni.

Le eccezioni sono disciplinate dall’articolo 179 del Codice Civile, che elenca i beni personali esclusi dalla comunione. Tra questi, alla lettera f), sono indicati “i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento dei beni personali sopraelencati o col loro scambio, purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto“. Questa norma è stata oggetto di un’importante interpretazione da parte della giurisprudenza, come evidenziato nella sentenza in esame.

La Corte d’Appello richiama infatti un consolidato orientamento della Cassazione (si veda, ad esempio, Cass. 18/8/1994 n. 7437) secondo cui la dichiarazione espressa all’atto dell’acquisto è necessaria solo quando possa essere obiettivamente incerto se l’acquisto realizzi o meno l’investimento o il reinvestimento di denaro o beni personali. Lo scopo di tale dichiarazione è quello di rendere conoscibile la provenienza del denaro speso o dei beni dati in permuta, sia nei confronti dei terzi che dell’altro coniuge.

Un altro punto cruciale affrontato dalla sentenza riguarda il regime giuridico delle costruzioni realizzate su suolo di proprietà esclusiva di uno dei coniugi. A questo proposito, la Corte richiama il principio dell’accessione sancito dall’articolo 934 del Codice Civile, in base al quale il proprietario del suolo acquista la proprietà della costruzione ivi edificata. La giurisprudenza (si vedano Cass. 29/10/2018, n. 27412; Cass. 8/09/2005, n. 17885) ha chiarito che questo principio non trova deroga nella disciplina della comunione legale, in quanto l’acquisto per accessione avviene a titolo originario, mentre gli acquisti disciplinati dall’art. 177 c.c. hanno carattere derivativo.

Tuttavia, la Corte sottolinea che la tutela del coniuge non proprietario del suolo opera sul piano obbligatorio, riconoscendogli un diritto di credito relativo alla metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione (Cass. 9/03/2018, n. 5843; Cass. 3/04/2008, n. 8662). Questo diritto si basa sulla presunzione del contributo dato da entrambi i coniugi in misura equivalente con mezzi propri, ma richiede la prova dell’effettivo sostegno economico fornito dal coniuge non proprietario (Cass. 04/11/2019, n. 28258; Cass. 24/02/2020, n. 4794).

Infine, la sentenza affronta il tema della restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale e impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, disciplinata dall’articolo 192, comma 3, del Codice Civile. La Corte richiama l’interpretazione restrittiva fornita dalla Cassazione (Cass. 09.11.2012 n. 19454; Cass. 24.5.2005, n. 10896), secondo cui tale norma non si applica al denaro personale impiegato per l’acquisto di beni costituenti oggetto della comunione legale ex art. 177, comma primo, lett. a), c.c.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

La Corte d’Appello di Venezia, dopo un’attenta disamina delle questioni giuridiche sottese al caso, ha parzialmente accolto l’appello del marito e respinto integralmente quello della moglie, riformando in parte la sentenza di primo grado.

In primo luogo, la Corte ha confermato l’inclusione nella comunione legale della cucina e dell’autovettura Toyota Avensis. Ha ritenuto infatti che, anche ammettendo che il denaro utilizzato per l’acquisto provenisse da una donazione dei genitori del marito, mancasse la dichiarazione espressa all’atto dell’acquisto richiesta dall’art. 179 lett. f) c.c. per escludere il bene dalla comunione. Questa decisione ribadisce l’importanza della forma in materia di regime patrimoniale dei coniugi: in assenza di una chiara manifestazione di volontà, prevale la presunzione di comunione.

Tuttavia, la Corte ha accolto la censura del marito riguardo alla valutazione dell’autovettura. Ha ritenuto erroneo attribuire al veicolo, al momento dello scioglimento della comunione, il valore di acquisto di 28.000 euro, considerando che erano trascorsi oltre tre anni dall’acquisto. Applicando una svalutazione del 50%, ha rideterminato il valore in 14.000 euro. Questa decisione mostra l’attenzione della Corte per il principio di equità nella valutazione dei beni comuni.

Riguardo alle polizze assicurative e ai saldi dei conti correnti, la Corte ha confermato la loro inclusione nella comunione. Ha ritenuto che, anche ammettendo la provenienza del denaro da beni personali del marito, mancasse la dichiarazione espressa richiesta dall’art. 179 lett. f) c.c. per escluderli dalla comunione. Questo passaggio della sentenza sottolinea l’importanza di una corretta gestione dei beni personali all’interno del matrimonio, per evitare che si confondano con quelli della comunione.

Un punto cruciale della decisione riguarda la richiesta della moglie di vedersi riconosciuto un credito per la metà del valore dei materiali e della manodopera impiegati nella costruzione della casa coniugale. La Corte ha respinto questa domanda, ribadendo che, in base al principio dell’accessione, la costruzione realizzata su suolo di proprietà esclusiva di un coniuge non rientra nella comunione. Ha inoltre precisato che il diritto di credito del coniuge non proprietario non è automatico, ma richiede la prova dell’effettivo contributo economico fornito. Nel caso specifico, la moglie non aveva fornito tale prova.

La Corte ha inoltre respinto la richiesta della moglie di restituzione delle somme (11 milioni e 28 milioni di lire) che sosteneva di aver versato sul conto corrente comune e utilizzate per la costruzione della casa. Ha ritenuto che non fosse stata fornita la prova dell’effettivo impiego di tali somme per la costruzione o per spese ed investimenti del patrimonio comune. Questa decisione evidenzia l’importanza di conservare adeguata documentazione delle spese sostenute durante il matrimonio, soprattutto quando si tratta di importi significativi.

Infine, la Corte ha riformato la decisione di primo grado riguardo alla compensazione delle spese legali. Ha ritenuto che la moglie fosse risultata prevalentemente soccombente sia in primo che in secondo grado, e l’ha quindi condannata a rifondere al marito parte delle spese legali. Questa decisione riflette il principio generale secondo cui le spese seguono la soccombenza.

In conclusione, la sentenza della Corte d’Appello di Venezia offre importanti chiarimenti su diverse questioni relative alla comunione legale dei beni tra coniugi. Ribadisce l’importanza della forma per l’esclusione dei beni dalla comunione, la necessità di provare l’effettivo contributo economico per vantare diritti su beni costruiti su suolo di proprietà esclusiva dell’altro coniuge, e l’onere della prova in capo a chi richiede la restituzione di somme prelevate dal patrimonio personale. Questi principi forniscono utili linee guida per la gestione dei rapporti patrimoniali all’interno del matrimonio e per la risoluzione di eventuali controversie in caso di separazione o divorzio.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“Ebbene, se è vero che l’appellante in primo grado non aveva mai tempestivamente contestato il titolo di acquisto di quel denaro, il fatto che dal conto comune siano state prelevate tutte le somme utilizzate per pagare i lavori di costruzione dell’immobile non comporta affatto che il conto abbia avuto quest’unica destinazione, non essendo ciò mai stato allegato dalle parti, né la circostanza che il denaro sia stato versato dalla sul conto cointestato è sufficiente a fondare la presunzione che esso sia stato impiegato per l’edificazione dell’immobile od in spese ed investimenti del patrimonio comune, anziché per fini personali o per adempiere gli obblighi gravanti sui beni della comunione ai sensi dell’art. 186 c.c..

A tale riguardo va precisato che per spese ed investimenti del patrimonio comune si intendono tutte le spese effettuate sia per la manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni comuni, sia per il loro miglioramento; non sono invece comprese le spese per l’acquisto, in quanto esse contribuiscono alla caduta del bene in comunione e rientrano nell’operatività dell’art. 177 c.c..

Secondo l’interpretazione restrittiva dell’art. 192, comma 3, cod. civ. accolta dalla Suprema Corte (Cass. 09.11.2012 n. 19454; Cass. 24.5.2005, n. 10896; Cass. 04/02/2005, n. 2354) tale norma attribuisce a ciascuno dei coniugi il diritto alla restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale e impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, e non già alla ripetizione – totale o parziale – del denaro personale e dei proventi dell’attività separata (che cadono nella comunione de residuo solamente per la parte non consumata al momento dello scioglimento) impiegati per l’acquisto di beni costituenti oggetto della comunione legale ex art. 177, comma primo, lett. a), cod. civ., rispetto ai quali trova applicazione il principio inderogabile, posto dall’art. 194, comma primo, cod. civ., secondo cui, in sede di divisione, l’attivo e il passivo sono ripartiti in parti eguali indipendentemente dalla misura della partecipazione di ciascuno dei coniugi agli esborsi necessari per l’acquisto dei beni caduti in comunione.

Dunque, poiché al momento dello scioglimento della comunione legale il conto corrente comune era già stato estinto, per cui non vi era alcun attivo da dividere tra i coniugi e l’appellata non ha fornito la prova che il denaro da lei versato sia stato impiegato dal marito per acquisti personali a proprio vantaggio esclusivo od in spese ed investimenti del patrimonio comune – che renderebbero fondata la sua pretesa di ottenerne, rispettivamente, la ripetizione ai sensi dell’art. 2033 c.c. o la restituzione alla comunione ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. civ. -, la sua domanda va rigettata, anche in riferimento alla somma di denaro di lire 28.128.179, la cui natura di bene personale è stata, peraltro, negata dal giudice di prime cure, con statuizione che non è stata censurata dall’appellata.

A tale riguardo va rilevato che i capitoli di prova non ammessi dal giudice di prime cure non appaiono idonei a fornire la prova delle circostanze che l’attrice intendeva dimostrare.

Da ultimo, va rilevata la tardività della allegazione della di aver collaborato alla redazione del progetto di edificazione dell’immobile, in quanto la circostanza è stata introdotta solo con il deposito della seconda memoria di trattazione di cui all’art. 183, comma sesto n. 2 c.p.c., attraverso la formulazione del relativo capitolo di prova.”

(Corte d’Appello di Venezia, sentenza n. 732/2021)

La sentenza della Corte d’Appello di Venezia in esame offre un’analisi approfondita di diversi aspetti cruciali relativi alla comunione legale dei beni tra coniugi. In particolare, la Corte si sofferma su tre punti fondamentali:

  1. L’interpretazione restrittiva dell’art. 192, comma 3, del Codice Civile: La Corte ribadisce l’orientamento della Cassazione secondo cui questa norma si applica solo alle somme prelevate dal patrimonio personale e impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune, e non al denaro personale utilizzato per l’acquisto di beni che cadono nella comunione legale. Questa interpretazione mira a preservare il principio di parità nella divisione dei beni della comunione, indipendentemente dal contributo economico di ciascun coniuge.
  2. L’onere della prova in capo al coniuge che richiede la restituzione di somme: La Corte sottolinea che spetta al coniuge che richiede la restituzione di somme versate sul conto comune dimostrare che queste sono state effettivamente impiegate per acquisti personali dell’altro coniuge o per spese ed investimenti del patrimonio comune. In assenza di tale prova, non si può presumere che il denaro sia stato utilizzato per questi scopi.
  3. L’importanza della tempestività nelle allegazioni: La Corte evidenzia come alcune richieste della moglie siano state respinte perché introdotte tardivamente nel processo. Questo aspetto sottolinea l’importanza di una strategia processuale ben pianificata fin dall’inizio del contenzioso.

La decisione della Corte d’Appello di Venezia fornisce quindi importanti linee guida per l’interpretazione e l’applicazione delle norme sulla comunione legale dei beni, offrendo chiarimenti su questioni spesso controverse nella pratica del diritto di famiglia. La sentenza sottolinea l’importanza di una gestione attenta e documentata dei beni personali e comuni durante il matrimonio, al fine di evitare difficoltà probatorie in caso di controversie future.

.

error: Contenuto protetto!
Torna in alto
ChiamaWhatsapp