La Suprema Corte di Cassazione ha recentemente affrontato un’importante questione riguardante il diritto di abitazione nella casa familiare a seguito di divorzio. Al centro della controversia si pone l’interrogativo se l’assegnazione della casa familiare disposta in sede di separazione persista automaticamente anche dopo la sentenza di divorzio, in assenza di specifiche disposizioni. La vicenda processuale, caratterizzata da un complesso intreccio di posizioni giuridiche contrapposte, si sviluppa in seguito alla richiesta di divisione di un immobile in comproprietà tra ex coniugi. Il caso evidenzia il delicato equilibrio tra diritti proprietari e tutela abitativa che il giudice è chiamato a bilanciare nelle situazioni di crisi familiare.
La questione assume particolare rilevanza pratica per tutti coloro che, a seguito di separazione e divorzio, si trovano nella condizione di dover ridefinire i propri assetti patrimoniali e abitativi. La Cassazione, con questa pronuncia, offre un’importante chiave interpretativa sulla sorte dei provvedimenti di assegnazione nel passaggio dalla separazione al divorzio, chiarendo quando sia necessario un provvedimento giudiziale esplicito e quando invece intervenga una cessazione automatica.
Il principio stabilito interviene in un ambito particolarmente sensibile del diritto di famiglia, dove le esigenze di tutela abitativa spesso si intersecano con i diritti di proprietà, creando situazioni di potenziale conflitto che necessitano di soluzioni equilibrate. Al contempo, la decisione della Suprema Corte affronta anche il correlato tema del diritto all’indennizzo per il comproprietario che sia stato privato del godimento del bene in assenza di un valido titolo giuridico che giustifichi tale privazione.
L’interesse della pronuncia risiede proprio nella sua capacità di offrire risposte a questioni pratiche di grande rilevanza: cosa accade al provvedimento di assegnazione della casa familiare quando sopraggiunge il divorzio? È necessaria una revoca espressa o interviene una cessazione automatica? Quali sono le conseguenze economiche per il coniuge che continua a godere in via esclusiva dell’immobile in comproprietà dopo il venir meno del titolo che legittimava tale godimento? La Corte di Cassazione, nel 2025, fornisce risposte chiare ed articolate a questi interrogativi.
AVV. COSIMO MONTINARO – e-mail segreteria@studiomontinaro.it ➡️RICHIEDI UNA CONSULENZA ⬅️
Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
ESPOSIZIONE DEI FATTI
La vicenda processuale prende avvio nel 2022 con la richiesta, avanzata da un ex coniuge, di procedere alla divisione di un immobile situato in contrada Omissis, nel Comune di Avola, acquistato in communio pro-indiviso durante il matrimonio. Oltre alla divisione, l’attore richiedeva la condanna dell’ex coniuge al pagamento di un indennizzo per aver goduto in via esclusiva dell’immobile per lungo tempo.
La parte convenuta si opponeva alla richiesta, eccependo in primo luogo la prescrizione della domanda di indennizzo e, in secondo luogo, l’inammissibilità della divisione dell’immobile in quanto riteneva ancora operante il diritto di abitazione conferitole con la sentenza di separazione. Inoltre, la convenuta avanzava una domanda riconvenzionale, richiedendo il riconoscimento di un credito per le spese di manutenzione straordinaria e miglioramenti sostenute in via esclusiva per l’immobile nel corso degli anni.
Il Tribunale di Siracusa, Sezione Distaccata di Avola, in primo grado respingeva la domanda dell’attore, ritenendo che l’assegnazione della casa familiare disposta in sede di separazione continuasse a produrre i suoi effetti, non essendo intervenuta alcuna revoca esplicita di tale provvedimento. La decisione si fondava sul presupposto che il diritto di abitazione attribuito in sede di separazione non potesse estinguersi automaticamente, ma solo a seguito di un provvedimento giudiziale che ne accertasse il venir meno dei presupposti.
Avverso tale sentenza, l’attore proponeva appello innanzi alla Corte d’Appello di Catania, insistendo per la divisione dell’immobile e per il riconoscimento dei frutti civili non percepiti. La ricostruzione cronologica degli eventi evidenziava che l’assegnazione della casa familiare era stata disposta con sentenza di separazione pronunciata dal Tribunale di Siracusa il 21 gennaio 1978. Successivamente, lo stesso Tribunale aveva dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio con sentenza del 31 maggio 1985, senza tuttavia disporre alcunché in merito al diritto di abitazione. Con ulteriore provvedimento del 21 gennaio 2001, il Tribunale si era limitato a rideterminare l’assegno divorzile e a disporre la corresponsione della quota di indennità di fine rapporto maturata dall’ex coniuge.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso in esame si inserisce nella cornice normativa dell’art. 337 sexies del codice civile, che disciplina l’assegnazione della casa familiare e le prescrizioni in tema di residenza. La disposizione, introdotta con la riforma della filiazione, ha sostituito il precedente art. 155-quater c.c., mantenendone sostanzialmente la ratio e le finalità di tutela dell’interesse dei figli alla conservazione dell’ambiente domestico in cui sono cresciuti.