Buoni fruttiferi postali: senza indicazione chiara della scadenza, niente prescrizione – Corte d’Appello di Napoli, 2024

Quando si sottoscrive un buono fruttifero postale, è fondamentale conoscerne la data di scadenza per poter esercitare il proprio diritto al rimborso. Ma cosa accade se tale informazione non viene fornita in modo chiaro ed esplicito? La Corte d’Appello di Napoli nel 2024 si è trovata ad affrontare proprio questa delicata questione, soffermandosi sull’importanza degli obblighi informativi a carico dell’intermediario e sulle conseguenze della loro violazione in termini di prescrizione del diritto al rimborso. Una sentenza che mette in luce il delicato equilibrio tra tutela del risparmio e stabilità economica, offrendo importanti spunti di riflessione sul rapporto tra investitori e intermediari finanziari.

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda prende avvio da una controversia riguardante 8 buoni fruttiferi postali della serie F18, emessi il 25 febbraio 2006, ciascuno del valore nominale di 5.000 euro. I titolari di questi buoni, eredi della madre contitolare, hanno citato in giudizio Poste Italiane e Cassa Depositi e Prestiti presso il Tribunale di Avellino, chiedendo l’accertamento del loro diritto al rimborso del capitale investito, maggiorato degli interessi legali.

La richiesta principale degli attori era l’accertamento e la declaratoria di nullità della clausola di scadenza o, in subordine, dell’intero contratto stipulato con la sottoscrizione dei buoni. In via ulteriormente subordinata, chiedevano l’annullabilità del contratto per errore incolpevole su elementi essenziali, l’inopponibilità del termine di prescrizione e il risarcimento del danno per violazione della buona fede precontrattuale e/o esecutiva.

Poste Italiane si è costituita in giudizio opponendosi alla domanda e sollevando, in via preliminare, l’eccezione di prescrizione del credito restitutorio. Anche Cassa Depositi e Prestiti si è costituita, chiedendo il rigetto della domanda per inammissibilità e infondatezza, nonché per intervenuta prescrizione.

Il Tribunale di Avellino ha accolto la domanda degli attori, condannando Poste Italiane al rimborso dei buoni per la quota capitale maggiorata degli interessi dovuti, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo. Ha inoltre condannato Poste Italiane al pagamento delle spese di lite in favore degli attori.

Contro questa sentenza, Poste Italiane ha proposto appello, chiedendone la riforma integrale. Gli appellati si sono costituiti in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello, mentre Cassa Depositi e Prestiti ha aderito alle censure di Poste Italiane.

Il nodo centrale della controversia è rappresentato dalla difficoltà di individuare la data di scadenza dei buoni, dalla quale decorre il termine decennale di prescrizione del diritto al rimborso. Questa incertezza ha portato il giudice di primo grado a ritenere non fondata l’eccezione di prescrizione sollevata da Poste Italiane.

NORMATIVA E PRECEDENTI

La vicenda si inserisce in un quadro normativo complesso, che trova il suo fondamento nell’art. 2 comma 2 del d.lgs 284/99. Questa norma ha delegato al Ministro del Tesoro il compito di stabilire le caratteristiche e le condizioni dei buoni fruttiferi postali, nonché di emanare norme in materia di pubblicità, trasparenza e comunicazioni periodiche ai risparmiatori.

In attuazione di questa delega, il Decreto Ministeriale del 19/12/2000 ha fissato le condizioni generali di emissione dei buoni postali. In particolare, l’art. 2 comma 1 stabilisce che l’emissione dei buoni fruttiferi postali avviene per “serie” con decreti ministeriali, nei quali sono indicati prezzo, taglio, tasso di interesse, durata e altri elementi essenziali. L’art. 3 comma 1 prevede che, per il collocamento dei buoni fruttiferi postali rappresentati da documento cartaceo, venga consegnato al sottoscrittore il titolo e un foglio informativo contenente la descrizione delle caratteristiche dell’investimento.

Di fondamentale importanza è l’art. 8 comma 1 del citato D.M., che stabilisce che i diritti dei titolari dei buoni fruttiferi postali si prescrivono a favore dell’emittente trascorsi dieci anni dalla data di scadenza del titolo per quanto riguarda il capitale e gli interessi.

La giurisprudenza ha più volte affrontato la questione della natura giuridica dei buoni postali. In particolare, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13979/2009, hanno qualificato i buoni postali non come titoli di credito, ma come titoli di legittimazione ex art. 2002 c.c. Questa qualificazione comporta che i buoni siano sottratti all’applicazione dei principi di autonomia causale, incorporazione e letteralità, tipici dei titoli di credito. La loro funzione è quella di identificare l’avente diritto alla prestazione o di consentire il trasferimento del diritto senza l’osservanza delle forme proprie della cessione.

Questa interpretazione giurisprudenziale ha importanti conseguenze pratiche. Da un lato, giustifica l’eterointegrazione ab externo del rapporto contrattuale di diritto privato intercorrente tra l’investitore e Poste Italiane. Dall’altro, implica la soggezione dei diritti spettanti ai sottoscrittori alla disciplina dettata dai decreti ministeriali emanati in materia.

Tuttavia, la Corte d’Appello di Napoli ha sottolineato che questa eterointegrazione deve essere bilanciata con la tutela del risparmio, costituzionalmente garantita dall’art. 47 della Costituzione. In questo contesto, assumono particolare rilevanza gli obblighi di trasparenza e informazione a carico dell’intermediario, che costituiscono una declinazione dei principi di buona fede e correttezza, operanti in tutta la vicenda negoziale (artt. 1337, 1366, 1375 c.c.).

La Corte ha inoltre richiamato l’orientamento consolidato della Cassazione (si veda, ad esempio, Cass. Civ. 7358/2022) secondo cui le disposizioni di buona fede di cui agli artt. 1175, 1366 e 1375 c.c. operano sia sul piano dell’individuazione degli obblighi contrattuali, sia su quello del bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti. In particolare, questi principi impongono alle parti di adempiere obblighi anche non espressamente previsti dal contratto o dalla legge, ove ciò sia necessario per preservare gli interessi della controparte.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

La Corte d’Appello di Napoli ha respinto l’appello proposto da Poste Italiane, confermando integralmente la sentenza di primo grado. La decisione si basa su una serie di considerazioni di fondamentale importanza.

In primo luogo, la Corte ha rilevato che la data di scadenza dei buoni in questione non era chiaramente evincibile né dal titolo stesso, né dal decreto ministeriale di riferimento. Questo elemento è stato considerato cruciale, in quanto la scadenza costituisce il dies a quo per il decorso del termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 8 comma 1 del D.M. 19/12/2000.

La Corte ha sottolineato che, nonostante la natura dei buoni postali come titoli di legittimazione consenta l’eterointegrazione del rapporto contrattuale attraverso atti normativi e amministrativi esterni, questa caratteristica non può giustificare l’omissione di informazioni essenziali come la data di scadenza. L’onere di conoscenza a carico dell’investitore, infatti, può essere diligentemente assolto solo se quest’ultimo è messo in condizione di poterlo adempiere.

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