Il Tribunale di Parma nel 2025 ha condannato una compagnia assicurativa a risarcire oltre 65.000 euro per un grave infortunio sul lavoro causato da carenze nei dispositivi di sicurezza di una macchina confezionatrice. Il caso riguarda un operaio specializzato che ha riportato importanti lesioni alla mano sinistra con ustioni e schiacciamento, a causa del malfunzionamento di una termosaldatrice. La sentenza ha riconosciuto la piena responsabilità del datore di lavoro per non aver adottato adeguate misure di sicurezza, come evidenziato anche dai verbali ispettivi dell’ASL, condannando la compagnia assicuratrice a risarcire il danno biologico permanente e temporaneo subito dal lavoratore, inclusa una personalizzazione per il danno estetico e la compromissione della capacità lavorativa.
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Indice
- ESPOSIZIONE DEI FATTI
- NORMATIVA E PRECEDENTI
- DECISIONE DEL CASO E ANALISI
- ESTRATTO DELLA SENTENZA
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ESPOSIZIONE DEI FATTI
L’infortunio si è verificato il 4 dicembre 2012 presso un’azienda di Langhirano (PR), dove un operaio di terzo livello, con oltre dieci anni di esperienza e contratto a tempo indeterminato, stava lavorando su una macchina confezionatrice/termosaldatrice modello “COMIPACK CM80-2N“. Durante l’attività lavorativa, mentre stava provvedendo a reinserire in guida il bordo da saldare della busta da lavorare, il lavoratore ha subito un trauma da schiacciamento con ustione del polso e della mano sinistra, nonostante avesse premuto il fungo di arresto del macchinario.
L’incidente ha richiesto l’immediato intervento dei colleghi che hanno dovuto staccare il tubo dell’aria per consentire il sollevamento della barra saldante, rimasta bloccata in posizione di accoppiamento. L’infortunio è stato prontamente denunciato all’INAIL, che ha riconosciuto al lavoratore un danno di € 27.902,67. Il dipendente è stato costretto ad astenersi dall’attività lavorativa fino al 23 marzo 2014.
I successivi controlli effettuati dal personale ispettivo dell’INAIL sulla macchina confezionatrice hanno evidenziato che i presidi di sicurezza installati non erano idonei a prevenire gli infortuni, come documentato nel verbale di prescrizione P/MM/15/2017. La ditta ha informato tempestivamente la compagnia assicurativa, con la quale aveva stipulato una polizza contro i rischi derivanti da infortuni sul lavoro (polizza n. 440320043382), ma l’assicurazione ha respinto le richieste sostenendo inizialmente la responsabilità esclusiva del lavoratore, poi l’operatività della franchigia e infine la responsabilità del produttore del macchinario.
Nel 2017, la situazione si è ulteriormente aggravata con una riacutizzazione dei postumi dell’infortunio, che ha comportato una nuova inabilità lavorativa temporanea per oltre sei mesi (14 marzo – 29 settembre). Le visite mediche successive hanno certificato l’inidoneità temporanea del lavoratore alla conduzione di macchinari complessi e hanno imposto limitazioni significative nelle attività manuali, portando infine al licenziamento per giustificato motivo.
NORMATIVA E PRECEDENTI
Il caso si inquadra nell’ambito della responsabilità civile del datore di lavoro per la sicurezza sul lavoro, disciplinata principalmente dall’art. 2087 del Codice Civile, che impone all’imprenditore di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei lavoratori. Questa norma costituisce il fondamento della responsabilità datoriale nel caso specifico, in quanto è emerso che non erano state adottate tutte le cautele necessarie a impedire il verificarsi del danno.
La vicenda coinvolge anche l’applicazione dell’art. 1917 del Codice Civile, che regola l’assicurazione della responsabilità civile. Secondo questa norma, l’assicuratore è obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi deve pagare a un terzo in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione. Nel caso specifico, la polizza assicurativa n. 440320043382 obbligava la compagnia a coprire i danni derivanti da infortuni sul lavoro con invalidità permanente non inferiore al 5%.
La giurisprudenza consolidata della Suprema Corte ha stabilito che le tabelle del Tribunale di Milano costituiscono il criterio generale per la liquidazione del danno non patrimoniale. Queste tabelle sono state infatti applicate nel caso in esame per la quantificazione del danno biologico, sia permanente che temporaneo, con la possibilità di personalizzazione in considerazione delle specificità del caso concreto.
DECISIONE DEL CASO E ANALISI
Il Tribunale ha accolto parzialmente la domanda dell’azienda attrice, riconoscendo la responsabilità della compagnia assicurativa ma limitando il risarcimento alle conseguenze direttamente correlate al danno biologico da invalidità permanente. La decisione si è basata su una dettagliata analisi delle prove raccolte, inclusa una CTU medico-legale che ha quantificato il danno biologico permanente nella misura del 10-11%.
Il giudice ha respinto l’eccezione della compagnia assicurativa sulla presunta responsabilità del lavoratore, evidenziando come l’azione dell’operaio fosse del tutto coerente con l’attività lavorativa e le finalità produttive dell’azienda. È stata invece accertata la responsabilità del datore di lavoro per le carenze nei presidi di sicurezza, come confermato dalle testimonianze dei tecnici della prevenzione dell’USL di Langhirano.
La liquidazione del danno è stata effettuata applicando le tabelle del Tribunale di Milano, con il riconoscimento di € 30.730,00 per danno biologico permanente e € 15.812,00 per danno biologico temporaneo. Il Tribunale ha inoltre disposto una personalizzazione del danno considerando sia il pregiudizio estetico sia la compromissione della capacità lavorativa specifica, giungendo a una quantificazione complessiva di € 65.837,10, comprensiva di rivalutazione e interessi.
ESTRATTO DELLA SENTENZA
“È perciò ravvisabile la responsabilità civile della ditta attestata pure dal verbale ispettivo dell’Ausl competente e confermata dalla prova testimoniale, per i quali le carenze dei presidi di sicurezza del macchinario erano causa dell’infortunio. In sostanza, è emerso che il datore di lavoro non avesse adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che, qualora le prescrizioni di sicurezza (le protezioni aggiuntive) fossero state adottate, prima del sinistro, lo avrebbero impedito – secondo il criterio del ‘più probabile che non’.”