Clausole Euribor nei mutui: il Tribunale di Firenze chiarisce l’onere della prova per la nullità derivata

INTRODUZIONE

La recente sentenza del Tribunale di Firenze del 2024 affronta una questione di grande rilevanza nel settore bancario: la validità delle clausole contrattuali che fanno riferimento al tasso Euribor nei mutui. Il caso solleva interrogativi cruciali sulla portata delle decisioni della Commissione Europea in merito alla manipolazione dell’Euribor e sulle conseguenze per i contratti “a valle“. Fino a che punto si estende la nullità derivante da un’intesa anticoncorrenziale? E quali prove deve fornire il mutuatario per far valere tale nullità?

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INDICE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La controversia prende le mosse da un contratto di mutuo ipotecario stipulato nel gennaio 2006 tra una società e un istituto di credito. Il finanziamento, dell’importo originario di 950.000 euro, era garantito da ipoteca per complessivi 1.900.000 euro. Nel novembre 2008 il mutuo veniva frazionato con atto di erogazione, restrizione ipotecaria e frazionamento in quote.

A seguito di varie vicende societarie, che hanno visto il trasferimento del credito ad altra banca e successivamente la cessione del portafoglio crediti, nel gennaio 2019 veniva notificato alla società mutuataria un atto di precetto per il pagamento di oltre 415.000 euro. Ne seguiva il pignoramento di alcuni beni immobili di proprietà della debitrice.

La società proponeva opposizione all’esecuzione, contestando il credito azionato sulla base di diverse argomentazioni: nullità della clausola di determinazione degli interessi per indeterminatezza, mancata indicazione dell’ISC (Indicatore Sintetico di Costo) e nullità della clausola Euribor. In particolare, veniva eccepita l’illegittima applicazione di anatocismo, l’indeterminatezza dell’ISC (non considerando le spese di istruttoria) e dei tassi di interesse, in quanto il contratto rinviava al parametro Euribor, oggetto di manipolazione da parte di un cartello bancario nel periodo 2005-2008.

La banca si costituiva in giudizio respingendo tutte le contestazioni e rivendicando la piena legittimità degli addebiti effettuati. Negava in particolare l’applicazione di anatocismo indebito e la sussistenza di profili di contrarietà a norme imperative o di indeterminatezza delle clausole contrattuali.

La causa veniva istruita documentalmente e quindi trattenuta in decisione dal Tribunale di Firenze.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inserisce nel complesso quadro normativo e giurisprudenziale relativo alla validità delle clausole contrattuali basate sul tasso Euribor, alla luce delle decisioni della Commissione Europea che hanno accertato l’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale volta alla manipolazione di tale parametro.

Il punto di partenza è rappresentato dalle decisioni della Commissione Europea del 4 dicembre 2013 e del 7 dicembre 2016, con cui è stata accertata un’infrazione unica e continuata dell’art. 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) da parte di alcuni istituti di credito, nel periodo tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008. Tale condotta ha portato ad una restrizione e distorsione della concorrenza nel settore dei derivati sui tassi di interesse in euro collegati all’Euribor.

Sul piano del diritto interno, la questione si inquadra nell’ambito della disciplina antitrust di cui alla legge n. 287 del 1990. In particolare, l’art. 2 di tale legge vieta le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale.

La giurisprudenza ha progressivamente esteso la portata di tale divieto, come evidenziato dalla sentenza della Cassazione n. 827 del 1° febbraio 1999, che ha adottato una lettura ampia del concetto di “intesa”, includendovi non solo gli accordi formalizzati ma anche comportamenti o condotte non negoziali che consapevolmente restringano o falsino la concorrenza.

Un passaggio fondamentale è rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 2207 del 4 febbraio 2005, che ha riconosciuto la legittimazione attiva dei consumatori finali ad agire per far valere la nullità delle intese anticoncorrenziali, in quanto soggetti portatori di un interesse alla conservazione del carattere competitivo del mercato.

Per quanto riguarda specificamente la questione dell’Euribor, la giurisprudenza di merito ha iniziato a dichiarare la nullità delle clausole dei mutui indicizzate a tale parametro, quando frutto dell’intesa anticoncorrenziale accertata dalla Commissione Europea. Tale orientamento è stato confermato dalla Cassazione con l’ordinanza n. 34889 del 2023, secondo cui l’accordo manipolativo del tasso Euribor produce la nullità dei contratti a valle che vi si richiamino, anche se l’istituto di credito non ha direttamente partecipato all’intesa.

Tuttavia, come chiarito dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 41994 del 30 dicembre 2021, l’estensione della nullità al contratto a valle si giustifica solo se tale negozio rappresenta lo strumento che conclude il percorso illecito, in virtù di un collegamento funzionale con la volontà anticompetitiva a monte.

Da ultimo, la sentenza della Cassazione n. 12007 del 3 maggio 2024 ha precisato che, nel caso di contratti stipulati con istituti estranei alle intese censurate dalla Commissione Europea, la nullità deve essere esclusa salvo la prova della conoscenza degli accordi illeciti e dell’intento di conformarvi il regolamento contrattuale.

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

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