Azione revocatoria ordinaria e donazioni: sentenza Tribunale di Frosinone 2024

Nel panorama giuridico italiano, la tutela del credito rappresenta un pilastro fondamentale per garantire la stabilità e l’equità nelle relazioni economiche. Ma cosa accade quando un debitore, consapevole dei propri obblighi, tenta di sottrarre beni alla garanzia patrimoniale dei creditori attraverso atti di disposizione apparentemente leciti? Una recente sentenza del Tribunale di Frosinone del 2024 offre spunti interessanti su questo tema, affrontando il delicato equilibrio tra il diritto del debitore di disporre dei propri beni e la tutela delle ragioni creditorie. Il caso in esame solleva una questione cruciale: fino a che punto l’azione revocatoria ordinaria può essere utilizzata per proteggere un credito ancora in fase di accertamento giudiziale?

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Per una comprensione completa della vicenda giudiziaria, ti invitiamo a proseguire con la lettura del testo completo.

INDICE

ESPOSIZIONE DEI FATTI

La vicenda giudiziaria in esame trae origine da una complessa serie di eventi che coinvolgono diversi soggetti e atti giuridici. Il caso ruota attorno all’acquisto di un credito da parte dell’attrice, avvenuto l’11 aprile 2022 mediante atto notarile. Tale credito, originariamente vantato da un terzo nei confronti del convenuto, si fondava su una sentenza emessa dal Tribunale di Frosinone l’11 febbraio 2021, depositata il 17 febbraio dello stesso anno e munita di formula esecutiva il 23 marzo 2021.

La sentenza in questione aveva condannato il convenuto al pagamento di una somma considerevole, pari a 25.000 euro, oltre agli interessi legali e alle spese di giudizio. A seguito di questa decisione, il creditore originario aveva intrapreso diverse azioni per recuperare il proprio credito. In particolare, il 23 aprile 2021 aveva notificato al debitore un atto di precetto, intimandogli di pagare la somma complessiva di 34.239,33 euro. Successivamente, il 7 luglio 2021, aveva tentato un pignoramento presso terzi, che tuttavia si era rivelato infruttuoso a causa delle dichiarazioni negative rese dai terzi pignorati.

Il punto di svolta della vicenda si verifica il 17 settembre 2021, quando il debitore compie un atto che si rivelerà cruciale per lo sviluppo successivo della controversia. In tale data, infatti, il convenuto effettua una donazione in favore dei propri figli, trasferendo loro la proprietà di diversi beni immobili situati nel comune di Alatri. Questa mossa, apparentemente innocua, si rivela in realtà un tentativo di sottrarre beni alla garanzia patrimoniale dei creditori.

L’attrice, venuta a conoscenza di questo atto di disposizione patrimoniale, decide di intraprendere un’azione legale per tutelare le proprie ragioni di credito. La sua tesi è che il debitore, consapevole del proprio stato debitorio e delle azioni esecutive già intraprese nei suoi confronti, abbia deliberatamente cercato di compromettere le garanzie patrimoniali della creditrice, azzerando di fatto il proprio patrimonio immobiliare.

È importante sottolineare che l’atto di donazione contestato è stato posto in essere dopo una serie di eventi significativi: la notifica di due atti di precetto, un tentativo di pignoramento presso terzi e, soprattutto, dopo l’emissione della sentenza che costituiva il fondamento del credito. Questi elementi temporali giocheranno un ruolo fondamentale nell’analisi giuridica del caso da parte del Tribunale.

Di fronte a questa situazione, l’attrice decide di citare in giudizio non solo il debitore-donante, ma anche i suoi figli beneficiari della donazione. L’obiettivo dell’azione legale è ottenere la declaratoria di inefficacia degli atti di donazione impugnati nei confronti della creditrice, al fine di preservare la possibilità di soddisfare il proprio credito sul patrimonio del debitore.

NORMATIVA E PRECEDENTI

Il caso in esame si inquadra nell’ambito dell’azione revocatoria ordinaria, disciplinata dall’articolo 2901 del Codice Civile. Questa norma rappresenta uno strumento fondamentale per la tutela del credito, consentendo ai creditori di agire per far dichiarare inefficaci nei loro confronti gli atti di disposizione del patrimonio con i quali il debitore rechi pregiudizio alle loro ragioni.

L’articolo 2901 c.c. stabilisce i presupposti necessari per l’esperibilità dell’azione revocatoria, distinguendo tra atti a titolo oneroso e atti a titolo gratuito. Nel caso di specie, trattandosi di una donazione, ci troviamo di fronte a un atto a titolo gratuito, per il quale la norma richiede requisiti meno stringenti rispetto agli atti a titolo oneroso.

In particolare, per gli atti a titolo gratuito successivi al sorgere del credito, l’articolo 2901, comma 1, n. 1, c.c. richiede la sola presenza dell’eventus damni (il pregiudizio alle ragioni del creditore) e della scientia damni (la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore). Non è invece necessario dimostrare la partecipatio fraudis del terzo beneficiario dell’atto.

La giurisprudenza ha fornito importanti chiarimenti sull’interpretazione di questi requisiti. In particolare, la Corte di Cassazione ha più volte affermato che l’eventus damni sussiste non solo quando l’atto di disposizione renda impossibile la soddisfazione del credito, ma anche quando lo renda semplicemente più difficile o incerto. Si veda in proposito la sentenza della Cassazione n. 5972 del 18 marzo 2005.

Quanto alla scientia damni, la Suprema Corte ha chiarito che essa può essere provata anche mediante presunzioni, come ad esempio il rapporto di parentela tra il disponente e il beneficiario dell’atto (Cass., sent. n. 5972/2005).

Un altro aspetto rilevante riguarda la nozione di credito tutelabile mediante l’azione revocatoria. La giurisprudenza ha adottato un’interpretazione estensiva, includendo anche i crediti litigiosi o in fase di accertamento. In particolare, la Cassazione ha stabilito che “la definizione del giudizio sull’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria” (Cass. n. 11573/2013, n. 1968/2009 e n. 9855/2014).

Questo orientamento si fonda sul principio secondo cui l’articolo 2901 c.c. accoglie una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità (Cass. n. 1893/2012).

Infine, è importante ricordare che, secondo consolidata giurisprudenza, l’onere della prova nell’azione revocatoria è ripartito in modo che spetti al creditore dimostrare la sussistenza del credito e il compimento dell’atto pregiudizievole, mentre è onere del debitore provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (Cass., sent. n. 11471/2003).

DECISIONE DEL CASO E ANALISI

Il Tribunale di Frosinone, nella sentenza in esame, ha accolto la domanda dell’attrice, dichiarando l’inefficacia nei suoi confronti dell’atto di donazione impugnato. La decisione si basa su un’attenta analisi dei presupposti dell’azione revocatoria ordinaria, alla luce dei principi giurisprudenziali consolidati.

In primo luogo, il Tribunale ha riconosciuto l’esistenza di una ragione di credito non pretestuosa in capo all’attrice. Questo requisito è stato ritenuto soddisfatto sulla base della sentenza del Tribunale di Frosinone n. 180/2021, munita di formula esecutiva, che aveva condannato il convenuto al pagamento di una somma in favore del creditore originario. Il fatto che il credito fosse stato successivamente ceduto all’attrice non ha influito sulla valutazione del giudice, in linea con l’orientamento giurisprudenziale che accoglie una nozione lata di credito ai fini dell’azione revocatoria.

Il Tribunale ha poi esaminato l’atto di disposizione patrimoniale compiuto dal convenuto, consistente nella donazione di beni immobili ai propri figli. Questo atto è stato ritenuto idoneo a integrare l’eventus damni, in quanto ha comportato una variazione qualitativa e quantitativa del patrimonio del debitore tale da pregiudicare o rendere più difficoltosa la realizzazione coattiva del credito. Il giudice ha sottolineato che, in assenza di prova contraria da parte del convenuto (rimasto contumace), non è stato dimostrato che il patrimonio residuo fosse sufficiente a garantire il soddisfacimento del credito.

Particolare attenzione è stata dedicata all’elemento soggettivo della scientia damni. Il Tribunale ha ritenuto che la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore fosse desumibile da una serie di circostanze:

  1. La posteriorità dell’atto di donazione rispetto al sorgere del credito e alla notifica di atti esecutivi;
  2. Il rapporto di stretta parentela tra il donante e i beneficiari;
  3. L’assenza di altre motivazioni oggettive idonee a giustificare il trasferimento patrimoniale.

Questi elementi, unitamente considerati, sono stati ritenuti indici sintomatici significativi della strumentalità degli atti di donazione alla dismissione del patrimonio da parte del convenuto, al fine di sottrarre i beni alla garanzia patrimoniale della creditrice.

Il Tribunale ha inoltre evidenziato come, trattandosi di atto a titolo gratuito, non fosse necessario dimostrare la consapevolezza del pregiudizio in capo ai terzi beneficiari, requisito richiesto solo per gli atti a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2901 comma 1, n. 2, c.c.

La decisione del Tribunale di Frosinone si pone in linea con l’orientamento giurisprudenziale prevalente in materia di azione revocatoria ordinaria. In particolare, essa conferma l’approccio estensivo adottato dalla giurisprudenza nella tutela delle ragioni creditorie, anche in presenza di crediti non ancora definitivamente accertati.

La sentenza offre inoltre spunti interessanti sulla valutazione degli elementi probatori nell’ambito dell’azione revocatoria, in particolare sull’utilizzo delle presunzioni per dimostrare l’elemento soggettivo della scientia damni. Il Tribunale ha infatti valorizzato elementi quali il rapporto di parentela e la tempistica dell’atto dispositivo per inferire la consapevolezza del debitore di arrecare pregiudizio al creditore.

ESTRATTO DELLA SENTENZA

“Rilevato quindi che nel caso di specie parte attrice ha proposto l’azione revocatoria ordinaria al fine di preservare le garanzie patrimoniali del debitore per il soddisfacimento della propria ragione di credito, sarebbe irrilevante che l’accertamento del credito fosse eventualmente ancora sub judice.

Nel merito, osservato in generale che ai fini dell’accoglimento di una domanda di azione revocatoria ordinaria di cui agli artt. 2901 e seg. c.c. (la cui finalità è – com’è noto – inopponibilità degli atti dispositivi del bene posti in essere dal debitore per consentire al creditore la soddisfazione coattiva del suo credito) – sono necessari e sufficienti i seguenti presupposti:

a) esistenza di una ragione o aspettativa di credito in capo all’attore, ancorché solo eventuale, purché non assolutamente pretestuosa e non necessariamente di un credito certo, liquido ed esigibile, accertato in sede giudiziale;

b) esistenza di un atto di disposizione del proprio patrimonio da parte del debitore, tale da poter pregiudicare o rendere più difficoltosa o più incerta la realizzazione coattiva del credito. Al riguardo il cd. eventus damni può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore (ad esempio, conseguente alla dismissione dei beni) ma anche ad una variazione qualitativa (ad esempio, conseguente alla conversione del patrimonio in beni facilmente occultabili);

c) Nel caso di atto pregiudizievole a titolo oneroso, la consapevolezza da parte del terzo del citato pregiudizio ex art. 2901, comma I, n. 2 c.c., ossia la consapevolezza del pregiudizio (dimostrabile anche in base a presunzioni ricavabili, ad esempio, anche dalla pluralità e contestualità degli atti di disposizione o dal grado di parentela fra il debitore e gli acquirenti);

d) Nel caso di atto di disposizione patrimoniale a titolo gratuito e successivo al sorgere del credito, sufficienza dell’esistenza, ai fini della revocabilità dell’atto oltre all’elemento oggettivo dell’eventus damni, dell’elemento soggettivo costituito dalla consapevolezza del debitore di assottigliare, mediante la disposizione patrimoniale, la garanzia costituita dai suoi beni (scientia damni).

[…] Posto che ai fini della revocatoria l'”eventus damni” sussiste anche quando l’atto di disposizione del debitore renda solo più difficile e non anche impossibile il soddisfacimento coattivo del creditore e che di contro è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti dell’azione, provare che il proprio patrimonio residuo sia tale da consentire ampiamente il soddisfacimento del credito, deve certamente ritenersi che l’attrice abbia assolto all’onere probatorio su di essa incombente, rilevato che:

  • certamente l’atto di donazione costituisce un atto di disposizione immobiliare in senso dismissivo, quanto ai beni immobili che sono stati fatti oggetto di attribuzione da parte del convenuto ai due figli, con conseguente variazione quantitativa del patrimonio complessivo del debitore;
  • esso risulta successivo all’insorgere della ragione di credito in capo alla parte attrice, posto che l’atto dispositivo è stato posto in essere il 17.09.2021 dopo che la Sentenza che costituisce fonte del credito era stata emessa in esito a giudizio civile al quale il disponente aveva partecipato e dopo che gli era stata notificata in uno ad atto di precetto in data 23.04.2021 e dopo la notifica di atto di pignoramento presso terzi in data 23.07.2021 e di un nuovo atto di precetto il 06.09.2021;
  • l’azione revocatoria di atto a titolo gratuito non postula che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore istante fosse conosciuto oltre che dal debitore-donante anche dai terzi beneficiari, trattandosi di requisito richiesto solo per la diversa ipotesi degli atti a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2901 comma 1, n. 2, c.c.

[…] Tali circostanze unitariamente considerate rappresentano indici sintomatici significativi della strumentalità degli atti di donazione avversati alla dismissione del patrimonio da parte del convenuto, in ordine a sottrarre i beni donati alla garanzia patrimoniale della creditrice, con conseguente accoglimento della domanda attrice.”

(Tribunale di Frosinone, Sentenza n. 846/2024)

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