Il danno morale: definizione, risarcibilità e quantificazione

Il danno morale: definizione, risarcibilità e quantificazione

Il danno morale consiste nel turbamento psicologico del danneggiato inteso come lesione alla dignità umana ed al benessere psicofisico costituzionalmente garantito. La risarcibilità del danno morale soggettivo è stata riconosciuta in virtù degli artt. 2059 c.c. e 185 c.p. ed ha coinciso, per lungo tempo, con il concetto di danno non patrimoniale. In passato, il danno morale veniva risarcito soltanto quando l’illecito che lo aveva prodotto integrava, concretamente o astrattamente, gli estremi di un reato.

Le note sentenze gemelle SS.UU. San Martino del 2008, recependo l’orientamento affermatosi in dottrina e giurisprudenza teso a superare i limiti delle risarcibilità del danno non patrimoniale conseguente ad una fattispecie integrante reato, hanno definito il danno morale “quale patema d’animo o sofferenza interiore o perturbamento psichico, di natura meramente emotiva interiore, c.d. danno morale soggettivo”. Sicché, il danno morale costituisce soltanto uno dei molteplici possibili pregiudizi di tipo non patrimoniale “costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata, la cui intensità e durata nel tempo rilevano non già ai fini dell’esistenza del danno, bensì della mera quantificazione del relativo ristoro”, “ben potendo l’effetto penoso protrarsi anche per lungo tempo, superando, pertanto, la tesi che restringeva o limitava la categoria del danno non patrimoniale alla mera figura del c.d. danno morale soggettivo transeunte” (cfr., SS.UU., n. 26972/2008). Successivamente alle pronunce del 2008, il danno morale è stato definito dal legislatore quale “sofferenza e turbamento dello stato d’animo, oltre che della lesione alla dignità della persona” (art. 5, comma 1, lettera C, DPR n. 37/2009), nonché quale “pregiudizio non patrimoniale costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal fatto lesivo di sé considerato” (DPR n. 181/2009).

Come innanzi esposto, il danno morale configura un’autonoma ipotesi di danno non patrimoniale dotato di piena autonomia ontologica rispetto al danno biologico (cfr., ex multis, Cass., 17209/2015 e Cass., 6 luglio 2006, n. 15358), con la conseguenza che “anche in caso di danno da micropermanente deve ritenersi consentita la liquidazione del danno morale come voce di danno non patrimoniale, in aggiunta al danno biologico previsto dall’art. 139 codice delle assicurazioni private” (Cass., 17209/2015).

Quanto all’onus probandi, la prova del danno morale può esser fornita anche per presunzioni, mentre la sua liquidazione può avvenire anche in via equitativa e, pertanto, in misura pari ad una frazione di quanto dovuto dal danneggiante a titolo di danno biologico (cfr., Cass., SS.UU., nn. 26972, 26973, 26974 e 26975 del 2008).

Il danno morale viene liquidato attraverso l’applicazione del cosiddetto “punto pesante” contenuto nelle tabelle milanesi per il risarcimento del danno biologico. Si tratta di una tecnica di calcolo per monetizzare la somma del danno biologico proprio (cioè, quello dinamico-relazionale) e del danno morale per la sofferenza psichica subita. In altri termini, la tecnica del punto pesante previsto dalle tabelle milanesi, esprime la somma del danno biologico e di quello morale, prevedendo distintamente il valore del “punto danno biologico”, l’”incremento per sofferenza” e il “punto danno non patrimoniale”, che corrisponde alla sommatoria dei primi due.

Conclusione

Il danno morale è una forma di danno non patrimoniale che può avere un impatto significativo sulla vita del danneggiato. Per ottenere il risarcimento del danno morale, è necessario provare la sua sussistenza attraverso elementi di prova adeguati.

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Avv. Cosimo Montinaro

(avvocato esperto in risarcimento danni)

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